Quali consigli possiamo dare ad un amico nullatenente e indebitato con 5 finanziarie?






Vi scrivo per avere un vostro cortese parere riguardo a un amico sovraindebitato e nullatenente la cui storia è presto raccontata: alla morte dei genitori eredita una discreta somma in beni mobili e immobili.

Dipendente pubblico (lavora come usciere con uno stipendio di 1200-1250 euro al mese), personalità disturbata con dipendenza dal gioco, anno dopo anno erode il suo patrimonio e si indebita con vari creditori.

Per far fronte ai debiti cede il quinto di stipendio a un paio di finanziarie, ma non riesce a onorare i debiti. in quel periodo, circa otto anni fa, non trovando via d’uscita, tenta il suicidio.

Salvato quasi per miracolo, entra in una clinica psichiatrica e vi rimane per alcuni mesi. tuttora è sotto terapia antipsicotica. Viene guarito dal vizio del gioco ma i debiti persistono.

Riesce a ottenere, in vari step, altri tre finanziamenti. l’ultimo risale a pochi mesi fa.

La somma che deve restituire mensilmente, insieme al prezzo dell’affitto di 350 euro, supera quello che rimane dello stipendio (sottratto il quinto dello stipendio). senza contare quello che gli serve per sopravvivere!

Decide così, da pochi mesi a questa parte, di sospendere i pagamenti a tutte e tre le finanziarie, preferendo incappare nelle sanzioni previste dalla legge (che, se non ci si inganna, corrispondono alla cessione di un altro quinto di stipendio alla prima finanziaria, mentre le altre due si “mettono in coda”).

Un ulteriore e preoccupante aspetto riguarda l’ultima finanziaria che, da quanto si evince da alcune telefonate, sembra propensa a fargli causa, ravvisando un comportamento doloso, chiedendo prestiti non proporzionati alle sue disponibilità finanziarie.

E’ a questo punto che vi chiedo cortesemente, a nome del mio sfortunato amico, un vostro parere, considerando che:
1) a un comportamento doloso è da preferire un comportamento “insensato”e disperato (che una perizia psichiatrica potrebbe dimostrare);
2) la sua situazione finanziaria è deplorevole, non disponendo nemmeno del minimo per sopravvivere;
3) possono esserci altre vie percorribili e non ancora prese in considerazione (come per esempio procedure di esdebitazione come previsto dalla legge 3/2012).

Vi ringrazio anticipatamente per la vostra risposta e rimango a disposizione per qualunque chiarimento e/o ulteriori informazioni.

La minaccia dell’ultima finanziaria di perseguire penalmente il debitore inadempiente da subito (appena dopo un paio rate di rimborso) nella presunzione che egli abbia richiesto prestiti non proporzionati alle proprie disponibilità patrimoniali e reddituali, è frequente, ma risibile: come sappiamo, il creditore professionista, prima di erogare il prestito, interroga le Centrali di rischio per valutare il merito creditizio del richiedente, e, quindi, non può assolutamente asserire di ignorare, nel dettaglio, che il cliente che si apprestava a finanziare fosse già gravato da altri debiti pregressi (paradossalmente, è il debitore che potrebbe minacciare una denuncia per induzione al sovraindebitamento, se questo tipo di reato fosse previsto, come dovrebbe essere, nel nostro ordinamento). Peraltro, il creditore professionista, prima di erogare un finanziamento, deve svolgere un’accurata indagine (istruttoria) sulla situazione economico patrimoniale del richiedente, anche sulla base della documentazione prodotta dal cliente: pertanto, se il suo amico non ha presentato, ad esempio, uno statino paga contraffatto, da cui si rileva una retribuzione mensile superiore a quella effettiva, non ha motivi di temere un’azione penale del creditore insoddisfatto.

Quest’ultimo può agire giudizialmente perchè gli sia rigirata, dal datore di lavoro del debitore, una quota dello stipendio pari al 20%, che, come correttamente rilevato, è il massimo pignorabile per debiti ordinari, anche in presenza di più azioni esecutive concorrenti per obbligazioni della stessa natura.

Il che significa che se il suo amico contrae altri debiti con Agenzia entrate-riscossione, riconducibili a multe e/o tasse non pagate, rischia il pignoramento di una altro 10% della retribuzione mensile (si tratta di crediti di natura esattoriale, e come tali diversi da quelli ordinari) considerando che sullo stipendio del debitore inadempiente già insistono una cessione del quinto (20%) ed un pignoramento (20%) e che al debitore lavoratore dipendente non può essere sottratta una quota stipendiale superiore al 50%, anche per debiti di natura diversa (ordinaria, esattoriale, alimentare.

Quando il debitore versa in situazioni simili a quella che attualmente coinvolgono il suo amico, la scelta di interrompere i rimborsi mensili e attendere il pignoramento dello stipendio è la più gettonata: anche a fronte di aggravi per spese legali ed interessi di mora, nonché di un marcato allungamento dei tempi di ammortamento, si raggiunge l’obiettivo di quello che, in gergo, viene indicato come consolidamento del debito (soluzione che banche e finanziarie non concedono mai volontariamente su istanza del debitore, se non nel corso dei soliti spot pubblicitari ingannevoli). In pratica il debitore persegue l’obiettivo di corrispondere, mensilmente, una sola rata per l’intera esposizione debitoria verso tutti i creditori, pari al 20% della retribuzione mensile, sicuramente più sostenibile rispetto a quanto avrebbe dovuto pagare per servire tutti i prestiti da cui è oberato.

La legge 3/2012 per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (finalizzata anche ad evitare i costi e gli strascichi giudiziari necessari per intraprendere le azioni esecutive) prevede, sostanzialmente, tre opzioni: l’accordo con i creditori, in base al quale il debitore si dichiara disposto a saldare il dovuto in cambio di un abbattimento del debito e, soprattutto, dell’esdebitazione dal debito residuo; la liquidazione del patrimonio, in cui il debitore, sempre in cambio di una riduzione del debito e dell’esdebitazione dal residuo, si impegna a liquidare il proprio patrimonio immobiliare e mobiliare; il piano del consumatore ove il giudice, laddove sussistano i requisiti di legge, può imporre ai creditori un consolidamento del debito, per dar modo al debitore di pagare una rata unica di importo compatibile con le più elementari esigenze di vita, spalmate su un periodo di tempo superiore a quello previsto nei singoli piani di restituzione del finanziamento.

Ora, chiaramente, il suo amico non ha le risorse economiche per perseguire un accordo con i creditori o proporre la liquidazione del patrimonio. Resta la terza opzione, quella relativa al piano del consumatore.

L’obiettivo finale sarebbe, comunque, del tutto simile al risultato conseguito con il pignoramento dello stipendio, se si eccettua l’aspetto riguardante la segnalazione del nominativo del debitore nelle Centrali Rischi per gli inadempimenti nel rimborso e per le pregiudizievoli giudiziali legate al pignoramento (iscrizione che verrebbe evitata con un piano del consumatore omologato dal giudice).

Se al suo amico è passata la voglia di chiedere ulteriori prestiti (ammesso che glieli concedano), va valutata l’opportunità di chiedere al giudice (nonché la probabilità di ottenere) l’approvazione di un piano di rimborso (piano del consumatore) che preveda una rata mensile inferiore al 20% della retribuzione.

Anche alla luce del dato, desunto dall’esperienza, in base al quale, molto spesso, i creditori successivi al primo, per debiti della stessa natura, desistono dall’intraprendere ulteriori azioni esecutive una volta che lo stipendio del debitore sia stato pignorato dal creditore più tempestivo.

22 Settembre 2017 · Ludmilla Karadzic


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