Ludmilla Karadzic

Ludmilla Karadzic
Si alimenta, ovunque, subdolamente e con artificio, l’illusione che la felicità si identifichi con il benessere e che questo consista nel consumo di ogni sorta di beni e servizi. Si costruiscono cosi, le solide basi della nuova società, in cui certe modalità ossessive di consumo rappresentano una componente tanto rilevante da costituirne la connotazione essenziale.

La verità del consumo è che essa è in funzione non del godimento, bensì della produzione; mediante adeguati modelli consumistici e meccanismi psico-sociologici opportunamente predisposti e alimentati, l’organizzazione degli interessi costituiti, esercita un controllo repressivo non solo della coscienza ma anche dell’inconscio dell’uomo, producendo un perfetto homo consumans, funzionale alle esigenze del sistema, ovvero, un consumatore vorace, entusiasticamente prigioniero dell’unico imperativo categorico di questa tanto decantata civiltà: CONSUMARE.

I beni che si potrebbero definire di ‘consumo sociale’, trascendono la fruizione degli stessi e si impongono unicamente come segni di prestigio nella società della opulenza; questi consumi, infatti, costituiscono il criterio di determinazione della posizione sociale; lo status, quindi, lo strumento per raggiungerlo. Non si soddisfa, pertanto, alcun bisogno autentico, naturale. «Per molte cose – osserva Fromm – non c’è nemmeno l’intenzione ad usarle. Noi le acquistiamo per averle. Ci accontentiamo di un possesso inutile» .

Un eccesso di spesa, lo spreco, il superfluo, l’inutilità, persino la banalità, paradossalmente si tramutano nell’opposto, ovvero, nella formazione di valore, nella differenza fra i vari gruppi sociali; sì crea un mondo fatuo, di suppellettili, ninnoli, gadgets, oggetti kitsh, che esalta i segni a detrimento del valore d’uso.

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