Piano di rateazione con Agenzia delle Entrate – Cosa può accadere se si anticipa il pagamento della prima rata


Certo, questa ci mancava, eppure ne abbiamo lette di ogni: forse nemmeno Kafka avrebbe saputo immaginare un simile meccanismo infernale.





Nel 2015 tramite un patto di adesione mi è stato contestualmente formulato un piano di ammortamento che prevedeva l’estinzione del debito in 12 rate. Il piano di ammortamento riportava come scadenza della prima rata il giorno 07 Giugno 2015, di conseguenza anche le successive scadevano il giorno 07 dei mesi successivi.

Ho pagato anticipatamente la prima rata per mostrare il mio impegno il giorno 03 Giugno 2015 e tutte le rate successive sempre e comunque entro il giorno stabilito nel piano di ammortamento (giorno 07).

Oggi ricevo una cartella esattoriale dove mi si chiedono interessi di mora per tardivi pagamenti delle restanti 11 rate, in quanto il pagamento anticipato della prima rata ha causato la riformulazione del piano di ammortamento (a me mai comunicato) con l’anticipazione delle scadenze dal giorno 07 al giorno 03 di ogni mese.

Premetto che non mi è stato inviata alcun’altra documentazione dopo l’adesione.

Certo, questa ci mancava, eppure ne abbiamo lette di ogni: forse nemmeno Kafka avrebbe saputo immaginare un simile meccanismo infernale.

Ora, la comunicazione di riformulazione del piano di ammortamento potrebbe anche essere stata notificata al debitore per compiuta giacenza: ma, non è ammissibile che un piano di rateazione venga riformulato solo perchè il debitore ha pagato la prima rata con qualche giorno di anticipo. C’è qualcosa che non va nel sistema informativo di Agenzia delle Entrate Riscossione (ADER).

Il suggerimento è quello di presentare un ricorso amministrativo in autotutela, in carta libera, direttamente ad Agenzia delle Entrate (ente creditore) per guadagnare tempo, illustrando l’aberrazione in cui lei è incappato, chiedendo lo sgravio della cartella esattoriale emessa da Agenzia delle Entrate Riscossione e minacciando di ricorrere al giudice tributario, con vittoria di spese, qualora l’Agenzia delle Entrate non comunicasse l’accoglimento dell’istanza prima della scadenza dei termini utili per poter presentare un ricorso giudiziale.

Il problema del ricorso amministrativo in autotutela è, infatti, proprio questo: la PA non risponde, lascia decorrere i termini (60 giorni dalla data di notifica della cartella esattoriale) nei quali il debitore può adire il giudice competente, dopodiché, magari, rigetta il ricorso. E così il debitore resta, come si dice, “cornuto e mazziato”.

Conviene recarsi personalmente in Agenzia, chiedendo di conferire con un funzionario per esporre la questione: se si è fortunati, si può risolvere il problema seduta stante senza ulteriori complicazioni.

4 Aprile 2019 · Paolo Rastelli


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