sentenze e ordinanze della Corte di cassazione in tema di lavoro e pensione


Maltrattamenti in famiglia e mobbing

9 Ottobre 2015 - Tullio Solinas


La fattispecie di maltrattamenti in famiglia, tradizionalmente concepita in un contesto familiare, è stata nel tempo estesa anche a rapporti di tipo diverso, di educazione ed istruzione, cura, vigilanza e custodia nonché a rapporti professionali e di lavoro. Proprio nell'ambito dei rapporti professionali e di lavoro, la giurisprudenza di legittimità ha individuato gli estremi che connotano la condotta di mobbing (o più propriamente bossing) posta in essere dal datore di lavoro in danno del lavoratore, quale fenomeno caratterizzato da una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti, reiterati nel tempo, convergenti nell'esprimere ostilità verso la vittima e preordinati a mortificare e a isolare il dipendente nell'ambiente di lavoro, aventi dunque carattere persecutorio e discriminatorio. Affinché la condotta persecutoria del datore di lavoro in danno del dipendente, ovvero, in ambito di rapporti professionali, del superiore nei confronti del sottoposto (mobbing o più tipicamente bossing), possa essere assunta nella fattispecie del maltrattamento in famiglia [ ... leggi tutto » ]


Impugnazione del licenziamento – doppio termine di decadenza

8 Ottobre 2015 - Piero Ciottoli


Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, con qualsiasi atto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Il primo termine è rispettato ove l'impugnazione viene trasmessa entro 60 giorni dalla ricezione degli atti indicati da parte dei lavoratore, il quale quindi, da tale momento, avendo assolto alla prima delle incombenze di cui è onerato, è assoggettato a quella ulteriore, sempre imposta a pena di decadenza, di attivare la fase giudiziaria entro il termine prefissato di 180 giorni. In sostanza, dunque, l'impugnazione, per [ ... leggi tutto » ]


Valido il patto di demansionamento se in mancanza dell’accordo l’alternativa è il licenziamento del lavoratore

8 Ottobre 2015 - Ornella De Bellis


Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di mobilità, al fine di garantire il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire l'assegnazione dei lavoratori esuberanti a mansioni diverse e quindi anche inferiori, così come la legge consente l'adibizione a mansioni inferiori del lavoratore divenuto inabile in conseguenza di infortunio o malattia, al fine di evitare il licenziamento e nel caso in cui non possa essere adibito a mansioni equivalenti e prevede la possibilità di utilizzazione in mansioni inferiori a quelle abituali della lavoratrice in gravidanza nel caso in cui quelle di assunzione siano ricomprese tra le mansioni a rischio o comunque interdette in relazione al peculiare stato della dipendente. Anche il patto di demansionamento sottoscritto dal lavoratore con il datore di lavoro, che ai soli fini di evitare un licenziamento attribuisca al lavoratore mansioni, e conseguente retribuzione, inferiori a quelle per le quali era stato assunto [ ... leggi tutto » ]


Non basta eccepire che uno dei contraenti era incapace di intendere e di volere al momento della firma per annullare il contratto

2 Ottobre 2015 - Marzia Ciunfrini


Il gravissimo pregiudizio derivante dalla sottoscrizione di un contratto da parte di un soggetto incapace di intendere e di volere emerge solo quale elemento indiziario dell'ulteriore requisito (richiesto per il suo annullamento) della malafede dell'altro contraente, che, a sua volta, consiste nella consapevolezza della menomazione del soggetto incapace. In effetti, pur in presenza di un pregiudizio per una delle parti che sottoscrive il contratto, non può, solo per questo, ritenersi accertata la malafede dell'altro contraente, in quanto varie possono essere le ragioni per le quali un soggetto decida di stipulare un contratto sebbene per lui svantaggioso: ragioni che la controparte non è tenuta ad indagare, salvo, appunto, se non le risulti evidente od, almeno, percepibile con l'ordinaria diligenza, che la determinazione della controparte costituisca l'estrinsecazione di turbe o menomazioni della sfera volitiva o intellettiva. In pratica, un contratto sottoscritto da persona incapace di intendere e di volere può essere annullato [ ... leggi tutto » ]


Prestazione di lavoro in favore del convivente more uxorio – può essere considerata resa a titolo gratuito solo se effettuata nell’ambito di una famiglia di fatto

1 Ottobre 2015 - Tullio Solinas


Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, essa può tuttavia essere ricondotta ad un rapporto diverso caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa. E ciò perché l'attività lavorativa e di assistenza svolta all'interno di un contesto familiare in favore del convivente more uxorio trova di regola la sua causa nei vincoli di fatto di solidarietà ed affettività esistenti, alternativi rispetto ai vincoli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto di lavoro subordinato: non potendosi escludere che talvolta le prestazioni svolte possano trovare titolo in un rapporto di lavoro subordinato, del quale deve essere fornita prova rigorosa. Viene esclusa (sia pure in specifico riferimento a rapporto di lavoro domestico in situazione di convivenza) l'esistenza di un contratto a prestazioni corrispettive soltanto in presenza della dimostrazione di una [ ... leggi tutto » ]