sentenze e ordinanze della Corte di cassazione in tema di lavoro e pensione


Attività lavorativa in malattia e licenziamento per giusta causa

14 Febbraio 2013 - Antonella Pedone


Lo svolgimento di attività lavorativa nel periodo di malattia giustifica il licenziamento se fa presumere l'inesistenza della malattia stessa o se pregiudica o ritarda la guarigione La giurisprudenza ritiene che il lavoratore in malattia non ha l'obbligo assoluto di astenersi da qualsivoglia attività lavorativa. Egli può svolgere attività lavorativa nel periodo di malattia purchè ciò non sia incompatibile con lo stato di malattia stesso e non ritardi o pregiudichi la guarigione. La Cassazione ha anche precisato che il lavoratore ha comunque un obbligo di correttezza e di collaborazione che gli impone di metere a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative, per cui deve astenersi da quelle condotte che possa ostacolare tale messa a disposizione. L'assenza per malattia può quindi giustificare il rrecesso del datore di lavoro in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà [ ... leggi tutto » ]


Giudizio penale e licenziamento per giusta causa

14 Febbraio 2013 - Antonella Pedone


Il reato del lavoratore è giusta causa di licenziamento solo se compromette il rapporto fiduciario con il datore Nel caso in cui il lavoratore sia stato rinviato a giudizio per gravi reati non commessi nello svolgimento del rapporto di lavoro, ma ritenuti dal datore di lavoro potenzialmente idonei ad incidere sul rapporto fiduciario, il giudice del lavoro non deve limitarsi a considerare il dato oggettivo del rinvio a giudizio e ritenerlo sufficiente ad integrare la giusta causa di licenziamento. Il giudice del lavoro dovrà invece verificare in concreto se la commissione di tali reati abbia compromesso il rapporto fiduciario e l'immagine dell'azienda, tenendo conto del contesto lavorativo, della natura e qualità del rapporto, dei motivi e dell'elemento soggettivo (Cassazione, sentenza del 10 settembre 2003, numero 13294). Va anche evidenziato che il giudizio civile, finalizzato ad accertare la giusta causa di licenziamento, prescinde dall'esito del giudizio penale. Questo vuol dire che [ ... leggi tutto » ]


Superamento del periodo di comporto e impugnazione del licenziamento

13 Maggio 2012 - Antonella Pedone


Il recesso del datore di lavoro per superamento del periodo di comporto costituisce ipotesi peculiare di cessazione del rapporto di lavoro Il recesso del datore di lavoro per superamento, da parte del lavoratore, del periodo di comporto ("secco" o "frazionato") costituisce una ipotesi del tutto peculiare di cessazione del rapporto di lavoro: non è dovuta nè ad un fatto dell'azienda, nè, propriamente, ad un fatto o colpa propri del lavoratore, ma piuttosto all'impossibilità di quest'ultimo di assicurare con sufficiente continuità la propria prestazione. Essa è regolata in una norma speciale, ossia l'articolo 2110, comma 2, del Codice civile, secondo cui: In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge [o le norme corporative] non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali [dalle norme corporative], [ ... leggi tutto » ]


Licenziamento – diritto di difesa e diritto di riservatezza

24 Ottobre 2010 - Antonella Pedone


Nella lettera di contestazione disciplinare il datore di lavoro deve indicare le circostanze concrete del fatto per assicurare al lavoratore il diritto di difesa, con priorità rispetto al diritto alla riservatezza di terzi. L'esposizione delle specifiche modalità di accadimento dell'infrazione, infatti, è necessaria per assicurare al lavoratore il diritto di difesa e consentirgli così di replicare alla contestazione, opponendo eventualmente circostanze incompatibili con la denuncia. In proposito è stato ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore, accusato di molestie nei confronti di una collega. Il datore di lavoro, nel contestare l'addebito, aveva omesso di indicare il nome della vittima, per tutelarne la riservatezza. Conseguentemente il lavoratore, non conoscendo le circostanze specifiche dell'addebito, non aveva potuto difendersi adeguatamente ed ha quindi impugnato il licenziamento. La Corte di Cassazione ha dato ragione al lavoratore, affermando che il diritto di riservatezza non può compromettere il diritto di difesa, qualora ne possa derivare la [ ... leggi tutto » ]


Licenziamento per comportamenti della vita privata

24 Ottobre 2010 - Antonella Pedone


In linea generale, i comportamenti che il lavoratore assume nella sua vita privata, al di fuori del contesto lavorativo, non possono giustificare il licenziamento. In proposito, l'articolo 8 dello Statuto dei lavoratori vieta di effettuare indagini su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del dipendente. Riguardo i precedenti penali, questi sono circostanze che attengono alla vita privata e, quindi, irrilevanti ai fini del licenziamento. I fatti extralavorativi, tuttavia, potrebbero assumere rilevanza qualora siano di gravità tale da far ritenere il lavoratore professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto. Ciò avviene quando la tipologia del rapporto richiede, per le caratteristiche della prestazione, un più ampio margine di fiducia, esteso anche alla serietà dei comportamenti privati, oppure quando la condotta del lavoratore è tale da compromettere l'immagine del datore di lavoro. Ad esempio, è richiesto un più forte rapporto di fiducia nell'ambito del lavoro bancario. Qui l'elemento fiduciario deve essere [ ... leggi tutto » ]