Prestazione di lavoro in favore del convivente more uxorio – Può essere considerata resa a titolo gratuito solo se effettuata nell’ambito di una famiglia di fatto

Ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, essa può tuttavia essere ricondotta ad un rapporto diverso caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa.

E ciò perché l'attività lavorativa e di assistenza svolta all'interno di un contesto familiare in favore del convivente more uxorio trova di regola la sua causa nei vincoli di fatto di solidarietà ed affettività esistenti, alternativi rispetto ai vincoli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto di lavoro subordinato: non potendosi escludere che talvolta le prestazioni svolte possano trovare titolo in un rapporto di lavoro subordinato, del quale deve essere fornita prova rigorosa.

Viene esclusa (sia pure in specifico riferimento a rapporto di lavoro domestico in situazione di convivenza) l'esistenza di un contratto a prestazioni corrispettive soltanto in presenza della dimostrazione di una comunanza di vita e di interessi tra i conviventi (famiglia di fatto), che non si esaurisca in un rapporto meramente affettivo o sessuale, ma dia luogo anche alla partecipazione, effettiva ed equa, del convivente alla vita e alle risorse della famiglia di fatto in modo che l'esistenza del vincolo di solidarietà porti ad escludere la configurabilità di un rapporto a titolo oneroso.

In altri termini, la prestazione di un'attività lavorativa per un lungo periodo di tempo tra due parti legate da una relazione sentimentale, oggettivamente configurabile come di lavoro subordinato, si presume effettuata a titolo oneroso, potendo tuttavia essere ricondotta ad un rapporto diverso caratterizzato dalla gratuità della prestazione, ove risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa, per una comunanza di vita e di interessi tra i conviventi, che non si esaurisca in un rapporto meramente affettivo o sessuale, ma dia luogo anche alla partecipazione, effettiva ed equa, del convivente alla vita e alle risorse della famiglia di fatto in modo che l'esistenza del vincolo di solidarietà porti ad escludere la configurabilità di un rapporto a titolo oneroso.

1 Ottobre 2015 · Tullio Solinas




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