Se fino a qualche anno fa nessuno, o comunque una stretta nicchia di persone, ne conosceva il significato, oggi siamo continuamente bombardati dai mass media con una parolina, il famigerato Spread: parliamo del differenziale tra titoli di stato italiani e bund tedeschi, che, a detta degli esperti, se troppo alto, potrebbe influenzare negativamente e a 360 gradi, la vita degli italiani.
Se ne parla, comunque, soprattutto riguardo all’aumento dei tassi dei mutui, ma negli ultimi giorni è circolata la voce che l’aumento dello spread potrebbe influenzare anche i costi energetici in bolletta.
E’ vero?
Per comprendere quanto potrebbe avvenire bisognerà stare attenti a quelle che sono le soglie limite di spread per le società che operano in monopolio: ossia Italgas, Terna e Snam.
In caso di rialzi eccessivi, si rischierà di avere una ripercussione sul RAB (Regulatory Asset Base), un parametro che contribuisce a determinare i ricavi annuali di tali aziende.
L’aumento dello spread ha un rapporto direttamente proporzionale con questo indice, il cui eccessivo rialzo combinato potrebbe portare a un effetto domino sulla remunerazione di tali società.
Eventuali effetti negativi potrebbero così ripercuotersi direttamente sulle aziende fornitrici di servizi e, di riflesso, nelle bollette luce e gas pagate dai consumatori.
Dunque, in parole povere, da una prima analisi si potrebbe affermare che un aumento dello spread può comportare un aumento delle bollette, ma a lungo termine.
Questo perché il suo aumento è inversamente proporzionale al costo dell’energia.
In pratica, il fatto che aumenti lo spread non significa assolutamente che il costo dell’energia aumenta e quindi la bolletta diventa più salata, ma piuttosto si intende che gli effetti di un rialzo dello spread determinando un guadagno inferiore per gli investitori finanziari e questo può tradursi, in futuro, in un probabile aumento del bollette.
29 Novembre 2018 · Giovanni Napoletano