Il mio compagno ha perso il lavoro e non riesce a rimborsare le rate di un prestito





Si potrebbe semplicemente scrivere: Perdona loro, perché non sanno quello che fanno.





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Volevo chiedervi informazioni riguardo un prestito personale intestato al mio compagno, il quale ha perso il lavoro da circa tre mesi: le ultime rate sono state pagate a fatica ed è rimasto indietro di due, per una cifra di circa 1300 euro.

La società che gestisce il recupero di questo prestito ha chiamato e mandato sms per il pagamento di tale cifra,ultima chiamata tra l’altro in maniera molto offensiva e poco garbata.

Il mio compagno ha cercato di spiegare la situazione all’operatore,ricevendo come risposta un sonoro SE PRENDE UN PRESTITO LE RATE VANNO PAGATE.

C’è un modo per prendere tempo e avere un po’ di respiro?

Si potrebbe semplicemente scrivere: Perdona loro, perché non sanno quello che fanno.

L’episodio appena riportato dalla lettrice Francesca è un fulgido esempio di come non andrebbe gestita una pratica di recupero crediti.

A fronte di un debitore che risponde alle legittime richieste di rimborso dell’obbligazione assunta, spiegando le gravi motivazioni che gli rendono momentaneamente impossibile il rimborso delle rate, l’addetto oppone arroganza, supponenza e stupidità.

Lo sanno tutti che una volta contratta l’obbligazione i debiti vanno pagati, non è necessario sprecare un sms per ribadire questa verità. Un funzionario esperto avrebbe mostrato di comprendere le motivazioni addotte dall’interlocutore, avrebbe augurato al debitore di risolvere al più presto i propri problemi di lavoro, avrebbe disquisito del più e del meno per instaurare con lui un rapporto confidenziale e gli avrebbe dato appuntamento fra tre/quattro mesi, formulando la speranza che le cose nel frattempo potessero volgere al meglio per tutti.

E, badate bene, sto parlando di esperienza professionale, non di umanità o altruismo.

Il problema è che le società di recupero crediti non fanno più selezione del personale, né valorizzano eventuali esperienze lavorative pregresse. Le richieste di lavoro sono tantissime e le dinamiche della domanda e dell’offerta (insieme all’assenza di qualsiasi controllo sulla regolarità delle assunzioni e sul rispetto del minimo salariale fissato per legge) consente loro di reclutare giovani inesperti al costo di poche centinaia di euro al mese.

Di formazione sulle nozioni di base propedeutiche ad un’attività delicata, come quella di recupero crediti, o sui rudimenti della comunicazione persuasiva, manco a parlarne.

Ed ecco i risultati: i giovani senza lavoro si rivolgono alle società di recupero crediti per soddisfare esigenze temporanee, non per imparare un mestiere. Uno, due, tre mesi quanto basta per comprare l’ultimo modello di Iphone, per pagarsi una vacanza o l’assicurazione dell’auto comprata da papà. Poi via dall’inferno dei call center fino a quando non ci sarà bisogno di nuova pecunia.

L’elevatissimo turn over, ben oltre il limite fisiologico caratteristico del settore negli anni passati, l’assenza totale di formazione, l’innata arroganza del giovane, spesso alimentata dalla pessima educazione impartitagli, le paghe da fame che azzerano ogni possibile stimolo o motivazione a far bene in prospettiva, l’esigenza ad incamerare subito la provvigione perché domani non si sa dove saremo, portano a “bruciare la pratica”, come si suol dire in gergo tecnico nell’ambiente del recupero crediti.

Perché la pratica e bruciata? Semplicemente perché il debitore, molto probabilmente, non risponderà più ai successivi tentativi di contatto dell’ennesimo nuovo assunto a cui verrà assegnato il recupero di quel credito, nel timore di essere ancora una volta bistrattato, offeso o, peggio, deriso.

A questo punto, Francesca, forse, si starà, giustamente chiedendo Si, vabbè, ma Lancillotto? parafrasando il refrain di una nota pubblicità di successo del carosello di qualche tempo fa.

E, quindi, veniamo al dunque. Il debitore non deve necessariamente rispondere al creditore che lo contatta telefonicamente. Se non c’è la possibilità di pagare il debito il creditore deve rassegnarsi, oppure avviare le procedure giudiziali di rito, qualora ritenga di poter recuperare il dovuto per questa via. Gli unici contatti che il debitore non può esimersi dallo stabilire con il proprio creditore sono le raccomandate A/R di messa in mora. Eventuali violazioni della privacy, consistenti in comportamenti invasivi e/o lesivi della dignità del debitore, possono essere pesantemente sanzionati, segnalandoli sia alla società di recupero crediti sia all’Autorità per la tutela della privacy.

Con il tempo, una volta recuperata una dignitosa condizione retributiva di lavoro, il debitore potrà scegliere se pagare quanto è stato richiesto o se spuntare un ulteriore sconto del 50/70% del dovuto, conducendo personalmente con il creditore una trattativa di accordo a saldo stralcio. Il massimo che rischia, con questo secondo approccio, è di vedersi pignorato lo stipendio per la quota massima di un quinto. Cosa improbabile a verificarsi, perché il rapporto di lavoro del debitore dovrebbe essere a tempo indeterminato, ed il creditore attrezzato con un ufficio legale, nonché disposto ad anticipare le ulteriori spese di giudizio.

Dovrebbe esser chiaro, adesso, che l’organizzazione aziendale delle società di recupero crediti basata sul turnover esasperato, sulla non selezione del personale, sulla mancata valorizzazione di requisiti quali la pregressa esperienza lavorativa dei nuovi assunti, avviati all’attività senza formazione alcuna, ha una precisa logica imprenditoriale. Sembrerebbe, ad un’analisi superficiale un suicidio, ma non è così.

Infatti, non è importante recuperare il singolo credito da mille e trecento euro al singolo debitore che ha perso il lavoro o è stato licenziato e quindi è impossibilitato momentaneamente ad onorare i propri obblighi. Lui è solo un numero. E’ importante, invece, contattare i debitori su larga scala (migliaia di debitori) con tecniche da spam, intimorendoli e pretendendo il credito subito, senza dilazioni. Molti, moltissimi pagano. Bastano solo cento debitori paganti per pareggiare il costo del pacchetto di migliaia di pratiche acquisito dalle banche e dalle finanziarie che hanno erogato i prestiti. Il resto è tutto guadagno, detratte naturalmente, le spese per le scarne retribuzioni mensili destinate alla manovalanza necessaria a raggiungere lo scopo. Manovalanza cui non è richiesta, di conseguenza, alcuna esperienza, alcuna capacità comunicativa, alcuna sensibilità per il debitore.

STOPPISH

25 Settembre 2014 · Ornella De Bellis

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