Casa venduta all’asta per debito con banca – Una società di recupero crediti ci chiede l’intero importo senza considerare quanto incassato dal creditore con l’espropriazione






A causa di un periodo di crisi la piccola azienda di mio marito ha avuto difficoltà obbligandolo a richiedere un prestito personale alla banca a fronte di un impegno ipotecario della casa di proprietà dei suoi genitori (bifamiliare dove viviamo anche noi) e della mia personale firma a garanzia. Abbiamo un regime di divisione dei beni e io sono un’artigiana con partita iva.

Purtroppo, malgrado gli sforzi non è riuscito a salvare l’azienda che è stata dichiarata fallita, dopodichè senza lavoro, onorare con regolarità il debito ci è risultato impossibile.

L’anno scorso la casa è stata messa all’asta, nel frattempo la banca ha ceduto il credito ad una agenzia di recupero crediti che ci ha inviato tramite raccomandata la richiesta del saldo in 15 giorni.

Saldo che nel frattempo è quasi raddoppiato rispetto a quanto erogato dalla banca. Ho chiamato l’agenzia informandoli che la casa era stata venduta e che avrebbero dovuto richiedere la somma alla banca che l’ha ricevuta. So che la cifra che ha incassato la banca è minore rispetto a quanto richiesto ora dall’agenzia.

Sappiamo che dovremo liberare a breve la casa con tutti i problemi che comporterà, compreso quello di trovare sistemazione ai genitori anziani per i quali la loro abitazione risulta come prima casa.

Ora la mia domanda è questa: come dobbiamo comportarci rispetto all’agenzia di recupero? Attendere da parte loro una ulteriore richiesta per la parte in differenza? (che al momento comunque non possediamo).

Proporre noi un saldo a stralcio chiedendo aiuto a qualcuno, non certo alla banca che a questo punto non ci erogherà nessun ulteriore prestito.

Se non facciamo nulla e attendiamo che loro avanzino richieste c’è il rischio che continuino a maturare interessi su interessi?

Come possiamo ottenere una quietanza liberatoria?

Fino a quando saremo segnalati al CRIF impedendoci qualsiasi possibilità di ricostruirci una posizione degna. Chiedo informazioni anche per poter in qualche modo riprendermi una vita e un futuro che in questo momento non riesco più a vedere.

Inutile illudersi: la segnalazione alla CRIF per il prestito personale ottenuto dalla banca verrà automaticamente cancellata decorsi tre anni dalla data di scadenza dell’ultima rata e, comunque, non oltre i cinque anni dalla data in cui è stata effettuata la segnalazione.

Invece, quella riferita all’azione esecutiva di espropriazione immobiliare, a cui è stato sottoposto suo marito, potrà permanere dieci anni decorrenti dalla data di trascrizione nei Pubblici Registri Immobiliari.

Dunque, papale, papale, la strada di accesso a nuovo credito per uscire dall’attuale situazione di sovraindebitamento è preclusa.

Resto sorpreso dalla circostanza che nessuno vi abbia consigliato di farvi assistere da un organismo preposto alla composizione delle crisi da sovraindebitamento nella procedura prevista dalla legge 3/2012: con l’opzione di liquidazione volontaria del patrimonio immobiliare avreste potuto vendere la casa al miglior offerente (e non all’asta) e sicuramente il giudice vi avrebbe concesso anche l’esdebitazione.

Peraltro, l’articolo 480 del codice di procedura civile prevede che il precetto deve contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento facendo ricorso alla legge 3/2012.

In altre parole, sareste comunque rimasti senza casa, ma anche senza debiti residui.

Inoltre, la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, di cui alla legge 3/2012, dispone, all’articolo 15, comma 11, che i dati personali acquisiti possono essere trattati e conservati per i soli fini e tempi della procedura e devono essere distrutti contestualmente alla sua conclusione o cessazione.

In pratica, il nominativo di suo marito non sarebbe stato censito nelle centrali rischi almeno per quanto attiene la procedura espropriativa.

Abbiamo accennato alle possibilità offerte dalla 3/2012 non per una sterile (e per lei sicuramente dolorosa) discussione su quello che si poteva fare e non è stato fatto, ma solo a beneficio di eventuali lettori che venissero a trovarsi in situazioni critiche simili alla sua.

Tornando al merito del quesito posto, il suggerimento è quello di non aiutare la società di recupero crediti da cui siete stati contattati: il fatto che siano partiti con il piede sbagliato, richiedendovi l’intera somma dovuta alla banca e non la sola differenza fra debito residuo e importo assegnato alla banca con l’espropriazione dell’immobile, la dice lunga su quale sia il grado di correttezza e trasparenza delle procedure di cessione del credito.

Il cedente nemmeno si cura di riportare nella pratica di cessione l’esistenza di una procedura esecutiva a carico del debitore e, se anche la situazione fosse stata annotata dalla banca, il cessionario nemmeno si cura di approfondire la posizione chiedendo al debitore l’esatto importo; finisce con il beffarlo, invece, con una richiesta che si aggiunge al danno e che avrebbe senso solo qualora la casa non fosse stata già espropriata.

La richiesta avanzata dagli sciacalli (meglio se fosse stata formulata per iscritto) rappresenta un semplice tentativo di estorsione: la cessionaria non va contatta, informata, messa al corrente, sollecitata a soluzioni transattive. E’ evidente che brancola nel buio e, dunque, va lasciata cuocere nel suo brodo a fuoco lento ed ignorata.

Anche alla luce di quanto accennato in apertura: una eventuale quietanza liberatoria rilasciata dalla cessionaria, in seguito ad un ipotetico accordo transattivo a saldo stralcio, non inciderà minimamente sui tempi di permanenza del nominativo di suo marito nelle centrali rsichi private come CRIF, CTC, Experian Cerved.

25 Ottobre 2018 · Ludmilla Karadzic


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