Pensione anticipata con RITA – Come andare in pensione 10 anni prima?





Pensione di vecchiaia e di vecchiaia anticipata





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Un amico mi ha detto che c’è la possibilità per chi, come me e lui, ha stipulato un fondo di previdenza fiscale privata ed è al momento disoccupato, di andare in pensione parecchio prima, anche dieci anni.

Tutto ciò grazie a una forma di previdenza complementare chiamata RITA.

Io ho 56 anni ed ho accumulato, nella vita, almeno 21 anni di contributi.

Vorrei sapere cosa c’è di vero, quali requisiti servono e più in generale, come funziona nel dettaglio.

Chi ha istituito forme di previdenza integrativa può riscuotere una rendita, Rita (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata) anche 5 anni (o in alcuni casi 10), fino a raggiungere la pensione pubblica.

La RITA, infatti, è un sistema che consente di farsi liquidare a rate il capitale accumulato nei fondi della previdenza complementare, cioè i prodotti finanziari utilizzati solitamente durante la carriera per costruirsi pian piano una pensione integrativa privata, che affianca in vecchiaia quella pubblica dell’Inps.

Dunque, il lavoratore che accede alla Rita utilizza il capitale accumulato con i fondi previdenziali privati per avere una rendita anticipata per qualche anno, fino a che non matura i requisiti per il pensionamento ordinario.

Vediamo come funziona.

Come già accennato, La Rita consente di mettersi a riposo anche senza avere l’età di pensionamento prevista dalla Legge Fornero (fissata attualmente a 66 anni e 7 mesi).

Prima di aver raggiunto questa soglia anagrafica, il lavoratore può farsi liquidare gradualmente in anticipo il capitale accumulato nei fondi della previdenza integrativa, convertendolo in una rendita temporanea.

Una volta computi i 66 anni e 7 mesi, lo stesso lavoratore inizierà a percepire la pensione pubblica erogata dall’Inps.

Il sistema di funzionamento della Rita somiglia molto a quello dell’Ape Volontaria, l’anticipo pensionistico introdotto dal governo Renzi nel 2016 e partito solo nel 2018.

Esistono però delle differenze sostanziali.

Con l’Ape volontaria il lavoratore ottiene un anticipo della pensione futura grazie a un prestito erogato da un istituto bancario (seppur attraverso l’Inps). Nel caso della Rita, invece, il lavoratore ottiene un anticipo di pensione ricorrendo a un capitale che già possiede, quello accumulato nei fondi pensionistici complementari.

Per quanto riguarda i requisiti, per accedere alla RITA bisogna possedere:

  • 20 anni di contributi versati all’Inps
  • più di 5 anni di versamenti ai fondi pensione privata
  • meno di 5 anni dal raggiungimento della soglia di pensionamento (meno di 10 anni per chi è disoccupato da più di 24 mesi).

Dunque, facendo un esempio concreto, se possiede i requisiti sopra elencati, un lavoratore può mettersi a riposo a 61 anni e 7 mesi, cioè 5 anni prima rispetto alla soglia dei 66 anni e 7 mesi previsti dalla Legge Fornero. Se il lavoratore è disoccupato da più di 24 mesi (sempre possedendo gli altri requisiti), può anticipare la data del pensionamento di 10 anni, ritirandosi a 56 anni e 7 mesi.

Da notare che la RITA gode di un regime fiscale agevolato.

Subirà una ritenuta del 15%, con una riduzione dello 0,30% per ogni anno oltre il 15esimo di partecipazione al fondo, fino a un’aliquota minima del 9%.

Inoltre, la Rita consente, a differenza di altre forme di prestazione di previdenza complementare, di applicare l’aliquota dal 9 al 15% al montante selezionato per l’applicazione della Rita anche se riferito a periodi di accantonamento anteriori al 2007 dove invece, per il Tfr o per la previdenza complementare, scatta la tassazione separata o ordinaria a partire dal 23%.

La Rita rappresenta quindi una novità dalle grandi potenzialità. Ma ha anche un limite importante: può essere utilizzata al meglio da chi ha accumulato nel fondo molti contributi, perché in questo caso il tesoretto può essere capiente per l’erogazione di una rendita anticipata per molti anni.

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27 Marzo 2018 · Gennaro Andele

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