Lei è stato iscritto subito in CAI e ci è rimasto sei mesi: per sei mesi è stato anche soggetto alla cosiddetta revoca di sistema, vale a dire l’interdizione ad emettere ulteriori assegni.
E’ stato iscritto in CAI ed ha subito la revoca di sistema per il semplice fatto che in seconda presentazione (pagamento tardivo) l’assegno deve essere saldato non solo corrispondendo alla banca le commissioni di impagato, ma anche versando al beneficiario una penale del 10% sull’importo facciale dell’assegno.
Orbene, anche emettendo un assegno che in prima presentazione risulta non coperto, si può evitare l’iscrizione al CAI, la revoca di sistema e la segnalazione al Prefetto (quella che, come vedremo, l’ha posta nella situazione in cui si trova adesso) pagando, nel termine tassativo di 60 giorni dalla data di scadenza dell’assegno, l’importo del titolo, la penale del 10% e le commissioni alla banca. Di tutto questo lei, purtroppo, non è stato informato, così come non è stato messo al corrente della revoca di sistema in base alla quale non avrebbe più potuto (e dovuto) emettere assegni nei successivi sei mesi.
E, infatti, se non si segue scrupolosamente la procedura di pagamento tardivo appena descritta, seguono immancabilmente segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI) (dove ci si resta per sei mesi), inibizione ad emettere assegni (per sei mesi), comunicazione al Prefetto per le determinazioni di legge: sanzione amministrativa in seguito alla depenalizzazione di quello che costituiva, anni fa, il reato di emissione di assegni senza provvista in conto corrente, ed eventuale ulteriore sanzione accessoria di segnalazione in CAI, in caso di recidiva, e conseguente nuova revoca di sistema.
Ma dopo, cosa è successo? Il Prefetto ha ricevuto dalla banca il rapporto sull’emissione di un assegno privo di sufficiente copertura. Ha altresì ricevuto, successivamente, un’ulteriore informativa circa il comportamento recidivo da lei posto in essere, sostanziatosi nell’emissione di un ulteriore assegno, nonostante la revoca di sistema che le era stata irrogata. Il Prefetto ha cinque anni (a pena di decadenza) per sanzionare il trasgressore. La sanzione è solo pecuniaria se non c’è recidiva.
Alla fine dei cinque anni il Prefetto le ha destinato un verbale, con sanzione pecuniaria (controlli presso l’ufficio postale l’esistenza di una notifica di verbale per sanzione amministrativa perfezionatasi per compiuta giacenza) nonché, al fine di punire il suo comportamento recidivo, ha stabilito ulteriore iscrizione in CAI (da giugno 2017) con permanenza quinquennale che determina, anche, la revoca quinquennale ad emettere altri assegni in tale periodo.
Un solo elemento, se accertato, potrebbe darle modo di porre rimedio a questa vicenda kafkiana di cui è stato, evidentemente vittima: l’assenza di informativa sulla revoca di sistema che Poste Italiane (intendo la banca degli ex postini) avrebbe dovuto notificarle. Se riesce a dimostrare l’omessa consegna della comunicazione di revoca di sistema, tutti gli atti conseguenti (entrambe le iscrizioni in CAI, entrambe le revoche di sistema, le due comunicazioni al Prefetto, la sanzione pecuniaria irrogata dal Prefetto) risulteranno atti nulli e potrà anche ottenere un congruo risarcimento danni dagli ex postini, adesso riciclati come bancari.
Ma, avrà bisogno di un buon avvocato che, in giudizio, chiederà alla banca di Poste Italiane di esibire l’attestato di invio della raccomandata A/R con cui informava il cliente dell’intervenuta revoca di sistema e delle conseguenze a cui egli sarebbe andato incontro emettendo altri assegni nei sei mesi a seguire. Il rischio che corre è che la banca Poste Italiane sia in grado di produrre l’attestato di invio e che la missiva sia poi restata in giacenza presso l’ufficio postale (Poste Italiane nel ruolo di addetta alla smistamento della posta e non di banca) avendo il postino rilevato la temporanea irreperibilità del destinatario.
24 Ottobre 2017 · Annapaola Ferri