Assegni revocati e conseguenze


Assegno bancario e postale





Volevo sapere se degli assegni (non trasferibili) emessi da me a febbraio 2016, marzo e aprile che non sono stati incassati per dimenticanza e che sono stati da me revocati agli inizio di maggio 2016 possono essere comunque incassati adesso.

Premetto che per errore questi 3 assegni quando li ho rilasciati non li ho intestati al creditore infatti le fotocopie dei 3 assegni che feci all’atto dell’emissione, sono senza intestazione.

In virtu’ di questa cosa il creditore li aveva dati in pagamento ad una terza persona (quella che ha dimenticato di incassarli) che a fine maggio se li e’ ritrovati e dal quel momento vorrebbe direttamente da me questi soldi abbreviando il percorso (intanto il debitore suo, che e’ il mio creditore, se ne e’ lavato le mani).

Mi chiedevo visto la non intestazione dei 3 titoli, oltre alla revoca che ho attivato, se posso denunciarne anche lo smarrimento. Chiedo questa cosa per evitare che chi ha in mano gli assegni miei scaduti senza nessun collegamento preciso (né di forniture, ne di lavoro) possa fare comunque qualcosa.

Il problema nasce dal fatto che questo pagamento era stato fatto a fronte di un lavoro edile non eseguito bene e che abbiamo dovuto far eseguire da un’altra ditta una seconda volta. La prima ditta, quella che ho pagato con 3 assegni nonostante le nostre richieste si era volatilizzata.

Nel momento in cui si e’ verificato il mancato incasso come dicevo ho revocato i 3 assegni. Se faccio denuncia della scomparsa, posso evitare che questa terza persona (non la conosco nemmeno) posso fare qualcosa nei miei riguardi con i 3 assegni scaduti e revocati?

La normativa vigente stabilisce che l’ordine di non pagare l’importo facciale dell’assegno bancario, o postale, ha effetto solo dopo che sia spirato il termine di presentazione ed ha la doppia funzione sia di garantire la conservazione della provvista, a tutela dell’affidamento del beneficiario, quanto meno fino alla scadenza del termine di presentazione, sia di consentire al traente (chi ha emesso l’assegno), scaduto tale termine, di riacquistare la libertà di disporre della provvista, potendo l’assegno essere pagato anche successivamente alla scadenza di esso (se non revocato).

In altre parole, se la banca (o l’ufficio postale) rifiuta il pagamento dell’assegno al beneficiario, pur in presenza di liquidità sul conto corrente e sulla base di un preciso ordine di non pagare l’assegno impartito dal traente anche prima che siano decorsi i termini di presentazione del titolo, l’eventuale protesto dell’assegno non puo’ essere eccepito dal traente; mentre il beneficiario puo’ eccepire la responsabilità del trattario (la banca o Poste Italiane), oltre che agire con azione esecutiva nei confronti del traente. Cosi’ operando, infatti, il trattario elude la funzione di garanzia dell’affidamento del beneficiario, ma non quella riguardante il traente, avendo provveduto ad eseguire esattamente un ordine dal medesimo disposto.

Se, invece, dopo la scadenza dei termini di presentazione dell’assegno ed in conseguenza di un preciso ordine di revoca del pagamento impartito dal traente, la banca (o l’ufficio postale) paga comunque l’assegno presentato all’incasso, il traente puo’ eccepire la responsabilità del trattario per non avergli consentito la piena libertà di disporre della provvista giacente sul conto corrente.

Quello appena riportato e’ l’orientamento espresso dai giudici della Corte di cassazione che si evince dalla lettura della sentenza 23077/13.

Ricordiamo che l’assegno bancario costituisce titolo esecutivo: ciò significa che, se presentato all’incasso nei termini previsti dalla legge e decorrenti dalla data indicata nell’assegno bancario, deve essere pagato. Il termine di presentazione è:

  • 8 giorni, se l’assegno bancario è pagabile nello stesso comune in cui è emesso;
  • 15 giorni, se l’assegno bancario è pagabile in un comune diverso da quello in cui fu emesso;
  • 20 giorni, se l’assegno bancario è pagabile in uno Stato diverso da quello in cui fu emesso, ma europeo o appartenente al bacino del Mediterraneo;
  • 60 giorni, se l’assegno bancario è pagabile in uno Stato diverso da quello in cui fu emesso ed appartenente ad un diverso continente (articolo 32 regio decreto 21/12/33 numero 1736).

Quindi, per capirci, se dopo la scadenza dei termini di presentazione, il traente (colui che ha emesso l’assegno) ordina alla propria banca di non pagarlo, non incorre nella revoca di sistema (inibizione all’emissione di ulteriori assegni per almeno sei mesi), nell’iscrizione nella Centrale d’Allarme Interbancaria (CAI) per mancato pagamento dell’assegno e neppure rischia il protesto, con contestuale inserimento del proprio nominativo nel Registro Informatico dei Protesti (RIP).

Per la configurabilita’ del delitto di calunnia, e’ sufficiente che i fatti falsamente rappresentati all’Autorità giudiziaria siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile di ufficio a carico di una persona determinata.

Quindi, la falsa dichiarazione di smarrimento di assegni già consegnati determina con immediatezza un’apparenza di realtà che conduce necessariamente ad indagini di polizia per verificare l’attribuzione di un fatto di rilevanza penale ad un soggetto univocamente e agevolmente identificabile», e che, tra i reati ipotizzabili, induce a prospettare, oltre alla calunnia, anche quelli di furto e ricettazione, quest’ultimo sempre procedibile di ufficio.

Cosi’ i giudici, della sezione penale della Corte di cassazione, hanno argomentato la sentenza 8045/16.

Pertanto, eviti assolutamente di denunciare la scomparsa degli assegni in questione: l’accertamento di eventuali vizi nei lavori eseguiti dall’impresa e la conseguente richiesta di risarcimento danni devono seguire le ordinarie vie giudiziali. Non è possibile procedere a compensazioni unilaterali.

Infine, va ricordato che il beneficiario dell’assegno (che si tratti di soggetto diverso dall’effettivo creditore ha poca importanza se la firma di traenza non è apocrifa) può agire direttamente contro il traente: non sono necessarie particolari formalità e non e’ necessario né che l’assegno sia stato presentato tempestivamente, né che venga levato il protesto o sia stata emessa la dichiarazione della banca detta constatazione equivalente con conseguente iscrizione in CAI.

Come ci ricordano diverse sentenze della Corte di cassazione, l’assegno e’ un titolo esecutivo, anche se esso non e’ stato protestato. Peraltro, l”articolo 45 del regio decreto 21 dicembre 1933, numero 1736, riconosce all’assegno tale efficacia, sia con riferimento al capitale in esso indicato sia con riferimento agli accessori, a prescindere dall’eventuale protesto.

Dunque, il beneficiario di un assegno può sempre agire contro il traente ed ottenere il pignoramento dei beni di quest’ultimo, anche se l’assegno bancario non e’ stato presentato tempestivamente in banca per il pagamento e non e’ stato levato il protesto o la constatazione equivalente in seguito a revoca del mandato di pagamento.

19 Luglio 2016 · Ludmilla Karadzic


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