Pignoramento stipendio e canoni di locazione percepiti dal debitore





Pignoramento canone di locazione, pignoramento stipendio





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Sono sovraindebitata dal 2017 per circa 150 mila euro a seguito della chiusura di una ditta individuale: quando la prima andava bene nel 2016 ho aperto un’altra attività come ramo d’azienda.

I miei creditori sono di diversi tipi: Agenzia delle Entrate Riscossione, Inps, fornitori, dipendenti, American Express eccetera. Per ora in solo grosso fornitore ha pignorato per 7000 euro il mio unico conto personale vuoto.

Sempre nel 2016 vista la prevista chiusura della prima attività ho ceduto il ramo d’azienda in affitto ad una Srls con me socia all’1% e amministratore unico e mio marito al 99% con il quale sono in divisione dei beni. Ho vissuto come una persona normale finora mantenuta dai ricavi di mio marito. Ora, a seguito del licenziamento di alcuni dipendenti mi ritrovo a dover pagare 4 buste paga con relativi Tfr ferie contributi ect. per una cifra che non posso pagare oltre a 20 mila euro di Iva che avrei dovuto poi rateizzare.

Ho deciso pertanto di disdire l’affitto d’azienda.

Nel frattempo ho trovato chi si riprenderebbe il negozio in affitto d’azienda e mi corrisponderebbe 750 euro lordi di affitto d’azienda oltre che assumermi con uno stipendio part time di circa 600 euro essendo io in possesso della qualifica necessaria per tenere aperto.

So che in caso di pignoramento del conto dovranno lasciare 1374 euro e fin lì è facile, li ritiro mensilmente. Per quello che riguarda lo stipendio e l’affitto d’azienda invece per un totale di 1350 (che poi i 750 sono ancora da tassare) quanto al massimo potranno pignorarmi tramite il datore di lavoro/affittuario come cifra totale considerando che potrebbero agire diverse categorie di creditori?

Cogliamo l’occasione per fare una piccola precisazione, anche se assolutamente irrilevante nel contesto del quesito: in caso di pignoramento del conto corrente del debitore escusso, su cui afferisce lo stipendio mensile, può essere prelevato dall’ultimo stipendio accreditato prima della notifica dell’atto di pignoramento, solo la parte che eccede il triplo dell’importo massimo dell’assegno sociale. Nel 2019 il triplo dell’assegno sociale è pari a 1.374 euro circa. Ciò tuttavia, non vuol dire che deve essere sempre lasciata nella disponibilità del debitore sottoposto ad azione esecutiva una somma pari a 1.374 euro: se la busta paga accreditata sul conto corrente è di 750 euro, sul conto corrente dovranno essere lasciati 750 euro soltanto; se la busta paga accreditata è di cinquemila euro, allora il saldo del conto corrente del debitore escusso non potrà essere inferiore a 1.374 euro.

Tornando a bomba, possiamo affermare che l’eventuale pignoramento dei canoni di locazione spettanti al debitore sottoposto ad azione esecutiva, effettuato direttamente presso il conduttore del bene locato, interesserà l’intera somma pattuita, senza alcuna limitazione che non sia quella del soddisfo del credito azionato dal creditore procedente.

Per quanto riguarda, invece, lo stipendio percepito, se tutti i suoi creditori, esattoriali ed ordinari, agissero in via giudiziaria con pignoramento verso il suo datore di lavoro, il danno massimo che lei potrebbe accusare sarebbe pari al 40% della retribuzione percepita al netto degli oneri fiscali e contributivi. Potrebbe variare, a seconda della moltitudine dei creditori che volessero agire, solo i tempi di rimborso.

Per legge, Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia) non va oltre, per l’entità del livello stipendiale da lei presumibilmente percepito, al 10% del prelievo. Ma se le partite da riscuotere coattivamente sono più d’una, il tetto massimo (per il singolo creditore) resta il quinto, anche a fronte di più singole azioni che frutterebbero ciascuna il 10% della retribuzione. Insomma, in una prospettiva favorevole, la trattenuta mensile potrebbe anche attestarsi al 30% della busta paga al netto di contributi previdenziali e imposte sul reddito.

STOPPISH

27 Luglio 2019 · Annapaola Ferri

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