DOMANDA
Supponiamo che io abbia avuto alle spalle un lungo periodo da imprenditore (ditta individuale): supponiamo anche che io voglia trasformare la mia ditta individuale in una SRL, dove io divengo l´amministratore unico titolare al 100% per poter aumentare il giro di affari.
A questo punto, non avendo alcuna pendenza, debito o contenzioni, vorrei tutelare la mia quota di SRL e ovviamente gli utili dinanzi a (A) eventuali alimenti da matrimonio (Dovrei sposarmi il prossimo anno) (B) pignoramento di quote da privati, Agenzia delle Entrate Riscossione (ex Equitalia), o altri.
1) A me hanno detto che se io ho uno stipendio da amministratore quello è il mio reddito sul quale gli alimenti vengono calcolati in caso di separazione. Vi risulta?
2) Stesso discorso per il pignoramento delle quote della SRL e gli utili. Sono questi tutelati dinanzi ad eventuali pretese verso di me?
3) Mi hanno consigliato di fare una holding che gestisce il patrimonio della SRL, questa riceverà gli utili e non risponderà in alcun modo per nessuna posizione debitoria o altro della SRL. Cosa ne pensate?
RISPOSTA
Le somme percepite a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato, fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge.
E’ quanto stabiliscono gli articoli 545 del codice di procedura civile e 2 della legge 180/1950.
L’articolo 2471 del codice civile stabilisce che la partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notifica al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese.
L’articolo 2270 del codice civile, invece, dispone che il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione. Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società.
Quindi, se il patrimonio del socio debitore risulta insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore particolare, quest’ultimo può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota e ottenere così la somma corrispondente.
In pratica, la specifica destinazione di natura imprenditoriale dell’attività sociale fa sì che il patrimonio della società sia insensibile agli interessi del creditore del socio. Quest’ultimo, infatti, non può in nessun modo aggredire i beni di cui dispone la società, perlomeno finché essa resta in vita: può però soddisfarsi sugli utili spettanti al suo debitore derivanti dalla spartizione annuale o compiere atti conservativi sulla quota di liquidazione di spettanza del socio debitore.
Per quanto attiene l’ultima domanda, può anche pensare di costituire una holding, ma deve mettere in conto le spese di gestione di un simile ambaradan societario (tutto, però, dipende dal giro di affari).
2 Ottobre 2024 - Ludmilla Karadzic