DOMANDA
Dovrei andare in pensione con quota 103 ed ho la cessione del quinto, la delega, nonché un pignoramento in corso e un altro in coda: cosa accadrà al mio trattamento di fine servizio?
RISPOSTA
Quando il creditore concede un prestito dietro cessione del quinto o un prestito delega al lavoratore dipendente pubblico o privato, calibra il piano di ammortamento in base al tempo che rimane al debitore prima di passare pensione secondo la normativa vigente per la pensione di vecchiaia (67 anni) e, la restituzione del finanziamento ottenuto viene garantita, in caso di dimissioni volontarie, vincolando, liberamente, fino a capienza di quando disponibile, la buonuscita del debitore lavoratore dipendente, sia essa denominata Trattamento di fine Rapporto (TFR), Trattamento di Fine Servizio (TFS), Indennità di Fine Rapporto (IFR) e/o l’importo maturato in un eventuale fondo di previdenza complementare.
Questo per dire che in caso di dimissioni volontarie il vincolo di garanzia può superare di gran lunga, in base agli accordi contrattualmente intercorsi fra creditore e debitore, l’importo disponibile in buonuscita o di quanto accumulato nel fondo pensione. Ora, la domanda presentata per ottenere la pensione con quota 103 equivale, qualora l’istanza venisse accolta e ipotizzando nessuna variazione intervenuta sulla normativa vigente per ottenere il passaggio in pensione di vecchiaia (attualmente previsto al compimento dei 67 anni), per quanto andremo a dire, alla presentazione di dimissioni anticipate.
Immaginiamo, pertanto che, al netto di quanto coperto dal contratto di garanzia liberamente sottoscritto fra le parti, residuassero importi ancora da soddisfare per il prestito dietro cessione del quinto e per il prestito delega, anche considerando che, se ci fosse capienza e privilegio di prelazione temporale, anche il creditore che ha pignorato lo stipendio avrebbe diritto al 20% della buonuscita o dell’importo spettante al debitore dalla liquidazione del fondo pensione al quale avesse aderito.
Il residuo da prestito dietro cessione del quinto verrebbe trasmesso all’INPS generando, automaticamente, per legge, una trattenuta pari al 20% della pensione netta percepita dal debitore a beneficio della finanziaria che erogò il prestito dietro cessione del quinto.
Per quanto riguarda il pignoramento in corso al momento del passaggio in pensione, appena il datore di lavoro, terzo pignorato, notificherà al creditore pignorante l’impossibilità di versamento della trattenuta giudiziale a causa del passaggio in quiescenza del debitore, il creditore potrebbe procedere con pignoramento presso l’INPS della pensione del debitore, con il medesimo titolo esecutivo utilizzato per il pignoramento stipendiale ed ottenendo un ulteriore 20% della pensione netta, a servizio del rimborso del credito residuo azionato. Stessa procedura per il pignoramento attualmente in coda
Il prestito delega residuo potrebbe essere soddisfatto con un accordo stragiudiziale fra le parti o con un ulteriore pignoramento della pensione che, tuttavia, potrebbe essere azionato solo dopo che fosse stato completato il rimborso del debito da pignoramento avviato presso il datore di lavoro nonché quello attualmente già in coda (ricordiamo che la pensione del debitore non può essere gravata da due pignoramenti concorrenti per il rimborso di crediti della medesima natura).
In breve, il pensionando con quota 103 rischia di non vedere un centesimo di euro della buonuscita e/o dell’importo maturato con il fondo pensione: inoltre rischia di vedere impegnato il 40% della pensione netta per rimborsare il prestito residuo dietro cessione del quinto e l’importo residuo da pignoramento dello stipendio e, ancora, rischia di trovarsi altri due pignoramenti in coda (quello già accodato allo stipendio e quello che verrà probabilmente accodato allo scopo di recuperare coattivamente l’eventuale credito residuo da prestito delega).
18 Marzo 2023 - Ludmilla Karadzic