Pacchetto azionario conferito in pegno alla banca – Nel frattempo i titoli sono crollati





Circa due anni fa ho dato in pegno alla banca, come garanzia per ottenere un prestito, un pacchetto di circa tremila azioni di una nota blue chip.





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Circa due anni fa ho dato in pegno alla banca, come garanzia per ottenere un prestito, un pacchetto di circa tremila azioni di una nota blue chip.

Nel corso del tempo, però, le azioni hanno progressivamente perso valore ragion per cui ho chiesto alla banca, a voce e per iscritto, di liquidare e monetizzare il pacchetto azionario ceduto in pegno a garanzia del prestito erogato. La banca si è fermamente opposta alla vendita prospettando come unica soluzione al problema quella di rimborsare il prestito in cambio della restituzione delle azioni.

Non avendo la liquidità necessaria per poter far fronte alla richiesta, oggi mi ritrovo con un valore del pegno pari al 20% del valore originario al tempo della sua costituzione, mentre il capitale a debito, con il pagamento anticipato degli interessi, è pressochè identico a quello iniziale.

Posso fare qualcosa oppure devo rassegnarmi a restare, come si dice, cornuto e mazziato?

L’articolo 2795 del codice civile si preoccupa del valore del bene dato in pegno pegno: e per questo prende in considerazione la vendita del pegno come strumento di conservazione del valore economico del medesimo, di guisa in modo da evitarne il decremento o almeno limitarlo: infatti dispone che, se la cosa data in pegno si deteriora in modo da far temere che essa divenga insufficiente alla sicurezza del creditore, questi, previo avviso a colui che ha costituito il pegno, può chiedere al giudice l’autorizzazione a vendere la cosa.

Il creditore pignoratizio aveva l’obbligo, soprattutto dopo le sollecitazioni scritte del debitore, di procedere alla vendita del pacchetto azionario detenuto in pegno: anche se, per quanto stabilito dallo stesso articolo 2795 del codice civile, la vendita conservativa del bene doveva essere autorizzata dal giudice con il consenso delle parti coinvolte.

Dalla vicenda riportata si evincono due tratti salienti del contenzioso: le sollecitazioni liquidatorie e scritte del datore del pegno (il debitore) da un lato; dall’altro, il protratto comportamento inerte del creditore garantito (la banca).

Peraltro la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che la custodia del creditore si sostanzia nell’obbligo di mantenere la cosa nel medesimo stato e modo di essere in cui si trovava al momento costitutivo dell’obbligo, con la conseguente necessità di adottare tutte le misure al riguardo idonee in relazione alle circostanze concrete del caso, della relativa perdita e deterioramento il creditore pignoratizio rispondendo secondo le regole generali (Corte di cassazione 22860/2007).

Da segnalare, anche la pronuncia 1309/1986 della Suprema Corte, secondo la quale il creditore garantito da pegno su quote di società a responsabilità limitata ha il dovere, nei confronti del datore del pegno, di vigilare sul buon andamento dell’amministrazione della società, al fine di proteggere l’integrità del patrimonio di questa.

Infine, il dovere di custodia, dalla norma di cui all’articolo 2790 del codice civile, posto a carico del creditore garantito, integra un obbligo di protezione della posizione del datore di pegno, che – in caso di rischio sensibile di deterioramento del bene – risulta funzionale al sostanziale mantenimento di un valore economico corrispondente a quello originario.

E, infatti, i giudici della Corte di cassazione, con la sentenza 12863/2019 hanno enunciato il principio di diritto in base al quale viola l’obbligo di buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto e di conservazione della cosa ricevuta ex articolo 2790 del codice civile, il creditore garantito che, a fronte di un rischio oggettivo e sensibile di deterioramento del bene in garanzia, non si attiva per procedere all’eventuale liquidazione del medesimo; del pari. E’ da ritenere contrario al canone di buona fede il comportamento del creditore garantito che non dia tempestivo e motivato riscontro alle sollecitazioni di liquidazione provenienti dal datore del pegno, che paventi il rischio concreto di deterioramento del bene in garanzia.

Pertanto, affidandosi ad un avvocato serio e motivato, sussistono seri e motivati presupposti giuridici per ottenere un congruo risarcimento del danno patito.

STOPPISH

26 Agosto 2019 · Roberto Petrella

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