Titoli in conto deposito del cliente debitore – La banca può esercitare il diritto di ritenzione ma sono illegittime vendita e compensazione

La banca può procedere alla vendita dei titoli depositati in un conto di deposito e alla compensazione fra il ricavato e il proprio credito relativo al conto corrente associato del cliente debitore? In pratica, ci si chiede se sia legittimo, per la banca, esercitare il diritto di vendita dei titoli in collegamento con il diritto di ritenzione degli stessi.

E' sempre prevista nei contratti di deposito titoli, associato ad un conto corrente, la clausola secondo la quale la banca, in garanzia di qualunque suo credito verso il correntista debitore, presente o futuro, anche se non liquido ed esigibile, è investita di diritto di pegno e di diritto di ritenzione su tutti i titoli o valori di pertinenza del correntista debitore, che siano comunque e per qualsiasi ragione detenuti dalla banca stessa o provengano ad essa successivamente.

Quando esistano tra la Banca ed il correntista debitore più rapporti o più conti di qualsiasi genere o natura, anche di deposito, ha luogo in ogni caso la compensazione di legge ad ogni suo effetto. Al prodursi di eventi che incidano o possano incidere negativamente sulla situazione patrimoniale, finanziaria o economica del correntista debitore, tali da costituire un indice di pericolosità per il recupero del credito vantato dalla Banca, quest’ultima ha altresì il diritto di valersi della compensazione ancorché i crediti non siano liquidi ed esigibili.

La clausola contrattuale, dunque, non soltanto prevede il diritto di pegno, ma espressamente attribuisce un diritto di ritenzione in capo alla banca, ponendo dunque l’interrogativo se a quest’ultimo possa accompagnarsi – ancorché non menzionato espressamente – un diritto di realizzo di titoli e di altri strumenti finanziari di pertinenza del cliente.

Ebbene, secondo l'Arbitro Bancario Finanziario (decisione 5146/15) il diritto di vendere un bene è una prerogativa del suo proprietario, la quale eccezionalmente può essere trasferita, ma in forme limitate, a chi abbia acquistato dal proprietario un diritto reale di garanzia sul bene stesso; e tuttavia, il diritto di ritenzione non è e non può essere un diritto reale, posto che esso si collega a, e dipende da, una posizione di mera detenzione.

Per l'Arbitro Bancario Finanziario, dunque, la posizione di detenzione è del tutto insufficiente ad attribuire il diritto di alienare, al punto che le operazioni di vendita poste in essere dal detentore potrebbero addirittura configurare la fattispecie dell'appropriazione indebita.

In pratica, la banca deve ripristinare la situazione precedente alla vendita, reintegrando nel deposito del cliente i titoli venduti. La clausola del contratto che prevede il diritto di ritenzione consente infatti alla banca di rifiutare il trasferimento dei titoli presso altri intermediari se il correntista debitore non estingue il proprio debito, ma non può essere interpretata estensivamente fino a consentire alla banca di vendere autonomamente i titoli stessi.

7 Agosto 2016 · Patrizio Oliva


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