Risposte discordanti da INPS e CAF in merito a indennità di disoccupazione Naspi – Qual è quella giusta?





Riteniamo di poter condividere il parere reso da alcuni patronati secondo i quali le spetterebbero ancora 13 mesi di indennità di disoccupazione NASpI





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Il 17 giugno 2015 (a 52 anni) a causa di licenziamento come dipendente privato, presentavo domanda NASPI e mi venivano concesse 679 giornate di Naspi, corrispondenti ad un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione che potevo far valere negli ultimi quattro anni. Di quelle 672 giornate concesse, ne usufruii solo 390 fino al 31 gennaio 2017.

Premesso questo, a marzo 2017 vengo assunto da una azienda privata con un contratto a tempo determinato di 4 mesi con scadenza 30 giugno 2017 che però non mi viene rinnovato. Da estratto conto INPS attualmente risultano ancora 138 settimane contributive negli ultimi 4 anni che diviso 2 sarebbero 69 settimane contributive utili per poter accedere ad una nuova richiesta di Naspi.

A questo punto sono andato in giro per varie sedi Inps e patronati per poter almeno sapere di quanti mesi avrei potuto usufruire di questa nuova Naspi, e mi hanno dato i pareri più discordanti. Secondo l’Inps se non inoltro la domanda non e’ possibile saperlo, secondo il Call center Inps mi toccherebbero solo 2 mesi. Secondo alcuni patronati mi spetterebbero 13 mesi, in quanto l’ultimo rapporto di lavoro non supera i 6 mesi. Chiedo a voi un parere illuminante e vi ringrazio anticipatamente.

Comprendiamo il suo smarrimento di fronte ad un apparato statale non in grado di fornire una risposta univoca al disoccupato che, il più delle volte, versa in uno stato di contingente bisogno: la speranza è che la nostra risposta non sia anch’essa da annoverare fra quelle già da altri fornite e che hanno contribuito ad accrescere il suo, più che giustificato, disorientamento. Nel qual caso voglia accettare anticipatamente le nostre scuse.

E, veniamo al dunque. In seguito a rioccupazione con contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi, l’indennità viene sospesa d’ufficio per la durata del rapporto (è tuttavia necessario, pena la sospensione a tempo indeterminato, comunicare all’INPS il reddito annuo presunto della nuova attività di lavoro subordinato, entro 30 giorni dall’inizio della rioccupazione).

Dopo il periodo di sospensione e, naturalmente, dopo la comunicazione obbligatoria all’INPS di riacquisizione dello stato di disoccupazione e di richiesta di nuova erogazione NASpI, l’indennità riprende per il periodo residuo secondo quanto stabilito dalla circolare INPS 94/215. Addirittura, la contribuzione versata durante il periodo di sospensione risulta utile ai fini della determinazione della durata di una nuova prestazione di disoccupazione NASpI.

Testualmente, ecco quanto riportato dalla circolare 94/2015 diffusa dall’INPS In caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato del soggetto percettore di NASpI dalla quale derivi un reddito annuale superiore al reddito minimo escluso da imposizione si produce la decadenza dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso l’indennità è sospesa d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie, per la durata del rapporto di lavoro. Al termine del periodo di sospensione l’indennità riprende ad essere corrisposta per il periodo residuo spettante al momento in cui l’indennità stessa era stata sospesa.

Tirando le somme, il dato fornito dall’INPS, corrispondente ad un (presunto) residuo di 138 settimane non è probabilmente aggiornato; esso equivarrebbe, infatti, giorno più, giorno meno, alle 679 giornate iniziali calcolate come utili per percepire la NASpI.

Dunque, riteniamo di poter condividere il parere reso da alcuni patronati secondo i quali le spetterebbero ancora 13 mesi di indennità di disoccupazione NASpI, corrispondenti a circa 280 giornate di contribuzione utile, non ancora indennizzate.

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12 Luglio 2017 · Tullio Solinas

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