La borsa di studio concessa al figlio non debitore del dipendente ed erogata in busta paga del padre debitore non è pignorabile


Il datore di lavoro sta accantonando, come gli prescrive la legge, il 20% dello stipendio in attesa dell'udienza di definizione giudiziale della trattenuta





Sono un lavoratore dipendente e nel mese di novembre tra la varie voci in busta paga è presente anche la voce borsa di studio università, gratifica riconosciuta a mio figlio perché laureato a pieni voti ed accreditata nella mia busta paga. Avendo lo stipendio pignorato, ho notato che anche il 1/5 dell’ importo della borsa di studio, ripeto riconosciuta a mio figlio, è stato inserito nel pignoramento.
Se è vero che in generale sono pignorabili tutte le componenti della busta paga che hanno funzione retributiva, ossia che costituiscono la remunerazione per l’ attività svolta dal dipendente, così come non sono pignorabili i rimborsi spese, o gli assegni al nucleo familiare o i fringe benefits, secondo il mio modesto parere, neanche la borsa di studio doveva essere pignorata tanto più che il soggetto beneficiario è un terzo (figlio) estraneo al pignoramento stesso.

La borsa di studio è stata erogata a favore del figlio studente del debitore e quindi, a nostro parere, non può essere pignorabile per debiti del padre: anche perché l’articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce che le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.

La borsa di studio, in altre parole, non è una indennità relativa al rapporto di lavoro nè una indennità dovuta a causa di licenziamento, ragion per cui non può essere pignorata, come peraltro accadeva con gli assegni familiari che erano sussidi impignorabili anche quando venivano corrisposti tramite datore di lavoro (e non attraverso INPS come avviene oggi).

L’unica spiegazione plausibile a quanto segnalato è che il pignoramento sia stato notificato recentemente al datore di lavoro e che non ci sia stata ancora l’udienza giudiziale di assegnazione in cui viene fissata l’entità della trattenuta da applicare alla retribuzione stipendiale del debitore esecutato. Nel frattempo, tuttavia, il datore di lavoro deve accantonare, per legge, il 20% della busta paga netta, operazione che consentirà al creditore di recuperare la trattenuta che verrà stabilita dal giudice anche per i mesi precedenti, che vanno dalla data di notifica del pignoramento stipendiale a quella di emissione del decreto giudiziale.

Il datore di lavoro deve accantonare il 20% della busta paga al netto degli oneri fiscali e contributivi dovuti dal lavoratore e non può, e non deve, discernere fra voci pignorabili e non, compito che spetta esclusivamente al giudice.

Il problema si risolverà, dunque, con la determinazione e l’assegnazione, da parte del giudice del lavoro, della trattenuta da prelevare dallo stipendio e destinare al creditore procedente, trattenuta che, in sede di assegnazione, non sarà calcolata anche sull’importo corrisposto a titolo di borsa di studio per il figlio del debitore.

Successivamente al decreto giudiziale (in cui verrà stabilito l’importo definitivo della trattenuta stipendiale) il datore di lavoro rimborserà al lavoratore pignorato gli importi in eccesso accantonati prima dell’udienza giudiziale di assegnazione (in pratica il 20% sulla voce borsa di studio, precedentemente accantonato).

28 Novembre 2023 · Patrizio Oliva


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