Debiti alla chiusura attività e casa cointestata con mutuo


Vendere la casa cointestata ed acquistarne una in cui il coniuge debitore in separazione dei beni sia tagliato fuori è la radicale soluzione al problema





Mia moglie ha un’attività in proprio (ditta individuale) e ha di recente accumulato numerosi debiti con i fornitori.

Ha alcune fidejussioni bancarie con dei titoli a garanzia ma non coprono l’ammontare totale del debito.

Siamo in separazione dei beni e l’unica cosa co-intestata è la casa che ha ancora un mutuo di 190mila euro (pagata 230 non molti anni fa)

Saremmo intenzionati a chiudere l’attività ma rimarrebbero i debiti con i fornitori e con la banca (circa 70mila euro).

L’idea sarebbe quella di vendere la casa e comprarne un’altra più piccola solo intestata a me (contestualmente ci spostiamo più vicini al mio lavoro) però non è detto che riusciamo a farlo in tempi brevi e soprattutto non ad un prezzo decente che ci permetta di chiudere il mutuo e comprarne un altra.

Nel caso non ci riuscissimo e lasciassimo che le cose facciano il loro corso, cosa succederebbe?
La casa potrebbe essere messa all’asta anche se io pago regolarmente il mutuo? E se dall’asta ricavassero MENO di quello che è l’importo residuo del mutuo?

Suppongo che la prima ad essere risarcita sarebbe la banca ma in questo modo non rimarrebbe niente per i fornitori e sia la banca che io avremmo un grosso danno economico… insomma non sarebbe molto logico.

Comincio subito con l’apprezzare la coraggiosa decisione di vendere la casa cointestata ed acquistarne una in cui il coniuge debitore in separazione dei beni sia completamente tagliato fuori.

Si tratta della soluzione più lineare, trasparente ed inattaccabile che si possa realisticamente individuare in situazioni di sovraindebitamento come quella da lei descritta.

Questo non vuol dire assolutamente che soluzioni diverse, più sofisticate e meno invasive, non possano avere un esito comunque positivo. Ma, bisogna adottarle con la consapevolezza di affidarsi ad una buona dose di fortuna, accettando con serenità le eventuali conseguenze sfortunate.

Ad esempio, poniamo che la dea (s)fortuna stabilisca che il mercato immobiliare torni, nel giro di breve tempo, ai fasti dei primi anni del nuovo millennio. Non è un’ipotesi strampalata: è accaduto e potrà accadere. Mettiamo, in particolare, che fra tre anni la sua casa valga 285 mila euro ed il capitale residuo del mutuo sia sceso a 185 mila euro.

Nel frattempo gli interessi avranno portato il debito di sua moglie a 90 mila euro. I creditori non ipotecari di sua moglie riterranno o meno conveniente intervenire per espropriare la casa cointestata? Direi di sì.

La casa viene pignorata e messa all’asta. Venduta a prezzo vile di 245 mila euro rispetto al suo valore commerciale. La banca incassa il suo capitale residuo di 185 mila euro. Quindicimila euro vanno via in tasse, onorari dei consulenti del giudice e spese di vendita ed espropriazione. Quarantacinquemila euro se li spartiscono i creditori di sua moglie.

Lei non avrà più casa, comunque. Sua moglie sarà ancora debitrice di quarantacinquemila euro …

Probabilmente avrò sbagliato qualche conticino, e, in ogni caso, il lettore ottimista potrà sempre ritenere, con Henry Louis Mencken, che Loredana è una “tipa”, che quando sente profumo di fiori, si guarda in giro per vedere dov’è la bara … Ma tant’è!

12 Giugno 2012 · Loredana Pavolini


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