Quando il pagamento di un debito del defunto configura accettazione tacita dell’eredità

In tema di successioni per causa di morte, un pagamento transattivo del debito del de cuius, ad opera del chiamato all'eredità, configura un’accettazione tacita dell’eredità, non potendosi transigere un debito ereditario se non da colui che agisce quale erede.

Ma, lo stesso adempimento eseguito con denaro proprio, ed in epoca successiva alla rinuncia, non integra accettazione tacita dell’eredità e non rende inefficaci gli effetti della precedente rinuncia.

La rinuncia all'eredità, infatti, può essere riconosciuta inefficace solo se, fra la data di decesso del de cuius e quella di sottoscrizione della rinuncia stessa, è possibile ascrivere al soggetto che rinuncia il compimento di atti rilevanti, previsti dal codice civile come indicativi o impositivi di una accettazione tacita dell’eredità.

Ad esempio, la rinuncia ai diritti di successione a fronte di un corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, comporta accettazione dell'eredità. Oppure, quando il chiamato sottrae o nasconde beni spettanti all’eredità stessa, egli decade dalla facoltà di rinunciarvi e viene considerato erede puro e semplice, anche dopo una successiva rinuncia, secondo il principio semel heres, semper heres, vale a dire una volta erede, erede per sempre.

Questo l'orientamento espresso dai giudici di legittimità nella sentenza numero 1634 del 27 gennaio 2014.

1 Febbraio 2014 · Ludmilla Karadzic





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