Il comodante può chiedere la restituzione del bene immobile concesso in comodato sulla base di esigenze abitative personali
Se la concessione in uso dell’immobile ha avuto inizio prima del matrimonio del comodatario, non può ritenersi che il comodato sia stato concesso per adibire l’immobile a residenza coniugale.
Ne discende che, in mancanza di ogni supporto probatorio anche solo presuntivo a conferma di una tale circostanza, il principio per cui il comodatario ha il diritto alla prosecuzione del rapporto per tutto il tempo per cui si protraggano le esigenze familiari, non può applicarsi ad una simile fattispecie.
Infatti tale principio si riferisce ai casi in cui sia certo ed inequivocabile che il rapporto abbia avuto origine in vista di una tale destinazione.
Si ricorda che, con il contratto di comodato, il proprietario concede gratuitamente a terzi il diritto di uso del bene proprio e che, soprattutto quando si tratti di un immobile, la sussistenza di un’effettiva volontà di assoggettare il bene a vincoli e a destinazioni d’uso particolarmente gravosi non può essere presunta, ma deve essere positivamente accertata.
Nel dubbio, va adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo, considerato anche il sospetto ed il disfavore con cui l’ordinamento considera i trasferimenti gratuiti di beni e di diritti sui beni.
Deve essere invece interpretata, ed applicata estensivamente, la norma che autorizza il comodante a chiedere la restituzione del bene concesso gratuitamente in uso: soprattutto, quando si tratti di bene immobile e quando vengano prospettate esigenze abitative personali del comodante.
Questa, in sintesi, la decisione adottata dai giudici della Corte di cassazione nella sentenza 24838/14.
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