Finita la pacchia gratis per chi assume operatori di call center con contratto di collaborazione coordinata e continuativa

I nuovi furbetti del Jobs Act, i lobbisti fans del cantastorie di Rignano, sono avvisati: da oggi potrebbero venire travolti da un immane contenzioso con gli operatori di call center assunti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, i quali potrebbero vedersi dichiarata, in via giudiziale, la sussistenza di un rapporto di lavoro tipicamente subordinato a tempo indeterminato con il proprio datore di lavoro, con conseguente pagamento delle differenze retributive e dell'indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo.

I collaboratori coordinati e continuativi (cosiddetti co-co-co) sono anche indicati come lavoratori parasubordinati, perché rappresentano una categoria intermedia fra il lavoro autonomo ed il lavoro subordinato. Essi, infatti, erogano la propria prestazione in piena autonomia operativa (il collaboratore decide autonomamente tempi e modalità di esecuzione della commessa, anche se non impiega propri mezzi organizzati, bensì, ove occorra, quelli del committente); è, altresì, escluso ogni vincolo di subordinazione (il coordinamento del committente non può in ogni caso essere tale da pregiudicare l’autonomia operativa e di scelta del collaboratore nell'esecuzione della prestazione).

Ma vediamo cosa è successo: la Corte di cassazione, con l'ordinanza 28190/2017 ha chiaramente stabilito, una volta per tutte, che se il lavoratore (nella fattispecie una operatrice di call center) svolge la propria attività nei locali dell'azienda, con l'utilizzo di strumenti da quest'ultima messi a disposizione (computer, telefono, ecc.), in fasce orarie prestabilite, con l'indicazione di obiettivi minimi da raggiungere e dei criteri di valutazione della prestazione, il rapporto di lavoro va inquadrato come subordinato a tempo indeterminato e non come collaborazione coordinata e continuativa.

Ora, è vero che la flessibilità introdotta dalla normativa fermamente voluta dal PD, a solo vantaggio dei propri facoltosi amici, pseudo capitani "coraggiosi" d'industria e imprenditori nella fornitura di servizi, rende sostanzialmente equivalente il contratto di collaborazione coordinata e continuativa ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, considerato che, anche con quest'ultimo, il datore di lavoro può licenziare liberamente, come e quando gli pare; tuttavia, in caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore titolare di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato potrà vedersi riconosciuta un’indennità risarcitoria, seppur minima, e, comunque, non ha obbligo di partecipare al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (che, nel rapporto di collaborazione, gravano per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del collaboratore). Non è poco, di questi tempi.

28 Novembre 2017 · Tullio Solinas


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