Nonno dona immobile al nipote e il diritto di abitazione al figlio debitore – Così si evitano le azioni giudiziali esperibili dal creditore quando il nonno passerà a miglior vita

Cosa fare quando il debitore ha un genitore proprietario di un immobile in età ormai avanzata e la fortuna di aver generato un figlio (o una figlia, s'intende), ma è anche esposto per debiti ingenti?

Se il padre muore senza lasciare testamento l'immobile viene ereditato dal debitore, il quale, naturalmente, verrà espropriato dal proprio creditore.

Certo, il debitore potrebbe rinunciare all'eredità a favore di suo figlio: purtroppo, però l'articolo 524 del codice civile concede al creditore la possibilità di chiedere la revoca giudiziale della rinuncia.

Infatti se taluno rinunzia, benché senza frode, a un'eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.

Se il nonno dona l'immobile al/alla nipote (e questi non lo vende prima) al decesso del nonno il creditore potrebbe invocare l'articolo 2900 del codice civile per promuovere, in nome del proprio debitore, azione giudiziale di riduzione della donazione effettuata in vita dal de cuius, perché sia ripristinata la quota di legittima spettante al proprio debitore, per poi espropriarlo. Infatti il creditore, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, può esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore e che questi trascura di esercitare, purché i diritti e le azioni abbiano contenuto patrimoniale e non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.

La situazione appena esposta si verifica anche quando il nonno lascia per testamento l'immobile al/alla nipote ed esclude dall'eredità il figlio debitore: il creditore può avviare, in nome del proprio debitore, azione giudiziale ex articolo 2900 del codice civile finalizzata al ripristino della quota di legittima che al debitore spetta, per poi espropriarlo.

E allora, non c'è scampo? No, esiste una soluzione al problema ed è contenuta proprio nell'ultimo comma dell'articolo 2900 del codice civile, laddove si dispone che il creditore possa esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzi al proprio debitore purché ... non si tratti di diritti o di azioni che, per loro natura o per disposizione di legge, non possono essere esercitati se non dal loro titolare.

Cosa vuol dire? Vuol dire che il nonno può donare in vita, o lasciare per testamento, l'immobile di proprietà al/alla nipote, avendo tuttavia cura rispettivamente di donare, o lasciare per testamento, il diritto di abitazione (personalissimo, privo di contenuti patrimoniali e in quanto tale non espropriabile) al figlio debitore. Messe così le cose, l'azione giudiziale, ex articolo 2900, del codice civile sarebbe subordinata alla rinuncia al diritto di abitazione da parte del debitore.

Ma, e qui casca l'asino, la rinuncia coattiva al diritto di abitazione da parte del debitore non può essere esercitata dal creditore (che si surroga per legge al debitore), ma dovrebbe essere estorta con la forza!

A questa interpretazione ha aderito, peraltro, anche la giurisprudenza di legittimità, con la sentenza della Corte di cassazione 4005/2013.

Naturalmente la strategia è applicabile in presenza di più chiamati all'eredità (di cui uno debitore, anche senza figli) e di un patrimonio costituito da più immobili, escludendo dalle disposizioni testamentarie l'erede legittimo debitore a cui andrà assegnato solo il diritto di abitazione in uno degli immobili della massa ereditaria.

10 Novembre 2017 · Marzia Ciunfrini





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