Reddito di cittadinanza negato per redditi antecedenti – Ma se si è perso il lavoro cosa si deve fare per accedere al beneficio?









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Al momento della presentazione della domanda per il reddito di cittadinanza avevo appena perso il lavoro: purtroppo, però, dato che per accedere al beneficio si fa riferimento al reddito dei due anni precedenti, non rientravo nei requisiti ISEE e dunque non ho potuto fruire del sussidio.

Vorrei sapere quando posso ripresentare la domanda ed in che modo.

Sono numerosi i casi di chi, come lei descrive, ha da poco perso il lavoro e non può ottenere il sussidio del reddito di cittadinanza solo perché nei due anni precedenti aveva un reddito lavorativo che faceva superare i limiti ISEE: ma, in questo senso, sembra che le cose stiano cambiando velocemente.

Il presidente dell’INPS, infatti, ha spiegato che il decreto è già pronto ma manca ancora il veicolo legislativo per valutare le richieste per accedere al Reddito di cittadinanza sulla base del reddito corrente: ciò permetterà ai disoccupati in particolari situazioni, percettori di sussidio di disoccupazione o disoccupati da oltre diciotto mesi, di accedere al reddito.

Ad oggi per accedere al Reddito di cittadinanza si fa riferimento al reddito dei due anni precedenti, per cui chi ha appena perso il lavoro non può rientrare nei requisiti di reddito richiesti avendo percepito un salario al di sopra di quella soglia (9.360 euro) nei mesi antecedenti.

Oggi l’Isee corrente possono farlo tutti a determinate condizioni che verranno però allargate a coloro che erano entrati in disoccupazione nel periodo precedente al 18° mese.

La platea interessata dalle possibili novità comprende i disoccupati di lunga durata, quelli vicini alla fine del periodo in cui hanno diritto a ricevere l’indennità Naspi e che ricevono un importo tale per cui non rientrano nelle soglie previste per avere diritto al reddito di cittadinanza: reddito di cittadinanza e Naspi sono compatibili.

Per chiarezza, ricordiamo che l’articolo 2, comma 5, del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) 159/2013, stabilisce che l’ISEE può essere sostituito da analogo indicatore, definito «ISEE corrente» e calcolato con riferimento ad un periodo di tempo più ravvicinato al momento della richiesta della prestazione, quando ne ricorrano le condizioni.

Al momento, secondo la normativa vigente, (vale a dire l’articolo 9 del DPCM 159/2013 che regola i requisiti soggettivi ed oggettivi attuali, per poter presentare l’ISEE corrente al posto di quello ordinario in corso di validità), può essere calcolato un ISEE corrente, riferito ad un periodo di tempo più ravvicinato al momento della richiesta della prestazione, qualora vi sia una rilevante variazione nell’indicatore (variazione di almeno il 25% rispetto all’indicatore standard), e al contempo si sia verificata, per almeno uno dei componenti il nucleo familiare, nei 18 mesi precedenti la richiesta della prestazione, una delle seguenti variazioni della situazione lavorativa:

a) lavoratore dipendente a tempo indeterminato per cui sia intervenuta una risoluzione del rapporto di lavoro o una sospensione dell’attività lavorativa o una riduzione della stessa;

b) lavoratori dipendenti a tempo determinato ovvero impiegati con tipologie contrattuali flessibili, che risultino non occupati alla data di presentazione della DSU, e che possano dimostrare di essere stati occupati per almeno 120 giorni nei dodici mesi precedenti la conclusione dell’ultimo rapporto di lavoro;

c) lavoratori autonomi, non occupati alla data di presentazione della DSU, che abbiano cessato la propria attività, dopo aver svolto l’attività medesima in via continuativa per almeno dodici mesi.

STOPPISH

17 Maggio 2019 · Patrizio Oliva

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