Patrizio oliva

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Sulla questione è intervenuta la Corte di cassazione con la sentenza 619/2017 ribadendo la validità della precedente sentenza 23847/2008 in base alla quale il creditore, in forza del medesimo titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti nello stesso momento, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo. In tal caso non si ha una situazione di litispendenza nel senso previsto dall’articolo 39 del codice di procedura civile – la cui applicazione postula la pendenza di più cause, aventi in comune le parti, la causa petendi ed il petitum, incardinate dinanzi a distinte autorità giudiziarie e non davanti allo stesso giudice – ed alla pluralità di procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione ex articolo 493 del codice di procedura civile, senza che ciò comporti un pregiudizio per il debitore, poiché, in presenza di un pignoramento reiterato senza necessità, il giudice dell’esecuzione, applicando l’articolo 92 del medesimo codice, può escludere come superflue le spese sostenute dal creditore procedente per reiterarlo ed il debitore può proporre opposizione contro una liquidazione delle spese che si estenda al secondo pignoramento.

In altre parole, è facoltà del creditore agire con più pignoramenti nello stesso momento, in forza del medesimo titolo esecutivo: il creditore che abbia ottenuto una sentenza di condanna nei confronti di una persona ed attivato un pignoramento mobiliare o immobiliare, potrebbe contemporaneamente aggredire anche il conto corrente del debitore, lo stipendio, la pensione; è lecito, cioè, il cumulo delle procedure esecutive, anche e solo per accelerare i tempi di rimborso del credito azionato.

Naturalmente, qualora venga avviato il contemporaneo pignoramento di più beni immobili quando invece il credito ben potrebbe essere soddisfatto con una sola procedura esecutiva e negli stessi tempi, è facoltà del debitore opporsi, come chiarito dalla sentenza 26204/1995, e chiedere la riduzione del pignoramento ai sensi dell’articolo 496 del codice di procedura civile.

Concludendo: nonostante il pignoramento della pensione in esecuzione e gli altri due pignoramenti della pensione accodati, qualcuno dei tre creditori (in particolare i due procedenti per i quali la trattenuta è stata differita nel tempo), potrebbe sicuramente pignorare il conto corrente gravido del ricavato dalla vendita delle proprietà finora non aggredite o l’immobile appena acquistato dal debitore inadempiente.

La trattenuta mensile da pignoramento della pensione ammonta al 20% della parte eccedente il minimo vitale che, attualmente, è pari a due volte l’importo massimo dell’assegno sociale, ovvero 534,41 euro per 2, quindi 1068,82 euro.

In conclusione, su 1550 euro la trattenuta mensile sarà di 20/100 (1550 – 1068,82) euro, cioè di 96,24 euro. La quota pignorabile è pari a 1550 euro – 1068,82 euro, cioè 481,18 euro.

L’IRPEF a credito sarebbe pignorabile, facendo comunque parte della pensione netta percepita dal pensionato nell’anno precedente, ma se il giudice stabilisce (per semplificare la cose) una quota fissa da trattenere mensilmente a cura dell’ente pensionistico, l’eccesso di IRPEF pagato dal pensionato in corso d’anno e restituito l’anno successivo non è soggetto a ulteriore trattenuta.

Se, invece, la trattenuta mensile è variabile, espressa come percentuale della parte eccedente il minimo vitale, allora l’IRPEF a credito da 730 va divisa per 13 e va ricalcolata la nuova trattenuta in base alla nuova pensione netta ottenuta, per l’anno di imposta, aggiungendo 1/13 dell’IRPEF a credito alla mensilità effettivamente percepita (alla mensilità percepita a dicembre nell’anno di imposta vanno aggiunti i 2/13 dell’IRPEF rimborsata). La differenza fra nuova e vecchia trattenuta rappresenta l’importo ulteriore che spetta al creditore per l’anno di imposta del 730 e che va detratta dall’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF a credito) restituita dallo Stato al pensionato sottoposto ad azione esecutiva, tramite l’ente pensionistico.

3 Aprile 2024 · Patrizio Oliva

L’articolo 72 ter del DPR 602/1973, stabilisce che le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro e in misura pari ad un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.

Per la riscossione coattiva dei debiti con l’Agenzia delle Entrate opera Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER, ex Equitalia).

Se il datore di lavoro, il dipendente ed il contratto di lavoro applicato non cambiano nel tempo, la trattenuta può essere applicata automaticamente dopo il primo pignoramento.

In ogni caso non crediamo che, in un simile contesto, al creditore esattoriale convenga procedere con pignoramento dello stipendio.

3 Aprile 2024 · Patrizio Oliva

Una volta ottenuta la trattenuta stipendiale, se il debitore non interrompe il rimborso del credito azionato, ad esempio, presentando le dimissioni dal posto di lavoro, AdER non può iscrivere fermo amministrativo sul veicolo di proprietà del debitore in base al credito insoddisfatto per il quale il giudice ha già assegnato, con decreto, la trattenuta in busta paga.

Comunque anche nel caso in cui insorgessero ulteriori crediti esattoriali, è sempre possibile rateizzare il debito per evitare, o sospendere, un eventuale fermo amministrativo.

27 Marzo 2024 · Patrizio Oliva

Consideriamo due creditori A e B che agiscono giudizialmente affinché i crediti rispettivamente vantati, della medesima natura, vengano soddisfatti attraverso un’azione esecutiva nei confronti del debitore inadempiente, intestatario di un conto corrente o di una carta prepagata con IBAN, su cui viene accreditata la pensione che il debitore inadempiente percepisce.

Supponiamo che A proceda al pignoramento della pensione presso INPS ottenendo una trattenuta del 20% della parte della pensione eccedente il minimo vitale – minimo vitale pari al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale (534,41 euro x 2 = 1.068,82 euro) – e B, successivamente, azioni il pignoramento del conto corrente intestato al debitore inadempiente.

Il creditore B potrà ottenere il saldo disponibile al momento del pignoramento per la parte che eccede, ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile comma 8, il triplo dell’importo massimo dell’assegno sociale (534,41 euro x 3 = 1.603,23 euro), e non potrà ottenere nulla dei ratei di pensione, già decurtati, che dovessero essere accreditati dall’INPS prima del decreto di assegnazione giudiziale del saldo espropriato. Se così non fosse verrebbe violato l’articolo 545 del codice di procedura civile, comma 8, in base al quale la pensione del debitore, accreditata dopo la notifica del pignoramento del conto corrente, non può subire una trattenuta superiore al quinto della parte eccedente il minimo vitale (ovvero, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge).

Supponiamo, adesso che il creditore A proceda al pignoramento del conto corrente e, successivamente, B azioni il pignoramento presso INPS della pensione intestata al debitore inadempiente.

A può ottenere il saldo di conto corrente disponibile al momento della notifica del pignoramento per la parte che eccede, ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile comma 8, il triplo dell’assegno sociale (534,41 euro x 3 = 1.603,23 euro), mentre per i ratei eventualmente accreditati in conto corrente dopo la notifica del pignoramento e prima del decreto di assegnazione giudiziale degli importi espropriati, il creditore A potrà trattenere solo il 20% della parte eccedente il minimo vitale, come previsto dall’articolo 545 del codice di procedura civile, comma 7.

Il creditore B potrà quindi pignorare la pensione presso INPS ottenendo, per ciascuna mensilità, una trattenuta pari al quinto della parte eccedente il minimo vitale – minimo vitale pari al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale (534,41 euro x 2 = 1.068,82 euro). Naturalmente la trattenuta sarà applicata alle mensilità di pensione non già decurtate durante il pignoramento del conto corrente azionato dal creditore A.

Riportiamo per comodità di lettura l’articolo 545 del codice di procedura civile attualmente vigente partizionato con i relativi commi.

1. Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto.

2. Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.

3. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato.

4. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.

5. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette.

6. Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.

7. Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

8. Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo
comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

9. Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

26 Marzo 2024 · Patrizio Oliva

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