Quando il creditore procedente notifica al datore di lavoro l’atto di pignoramento dello stipendio del proprio dipendente debitore inadempiente, il datore di lavoro ha, sostanzialmente, due obblighi: deve rendere la dichiarazione del terzo ex articolo 547 del codice di procedura civile – informando il giudice sull’entità dello stipendio percepito dal debitore, nonché sui pignoramenti e sulle cessioni che già, eventualmente, insistono sulla busta paga del debitore – e deve procedere all’accantonamento del 20% dello stipendio del debitore (a partire dal giorno in cui viene notificato il pignoramento), in attesa del decreto di assegnazione giudiziale, così come disposto dall’articolo 546 del codice di procedura civile.
E’ il giudice, in pratica, che decide se il nuovo pignoramento sia riconducibile a crediti rimasti insoddisfatti della stessa natura di quelli per cui è in corso la trattenuta (indipendentemente dal fatto che il primo ed il secondo creditore siano il medesimo soggetto) e quindi decide se accodare o meno il secondo pignoramento. In quest’ultima ipotesi, le somme accantonate dal datore di lavoro verranno restituite al debitore sottoposto ad azione esecutiva.
Questo è quello che dovrebbe essere, poi è chiaro che il datore di lavoro, se vuole, può rischiare come meglio crede.
Per visualizzare l'intera discussione, completa di domanda e risposta, clicca qui.