Lilla De Angelis

Non vedo come sia possibile che ci siano pareri diversi su un quesito così univoco nella risposta, mentre il consiglio fornito dall’ACI è, a nostro parere, più che corretto: dopo la rinuncia all’eredità il veicolo diventa, se non vi sono altri coeredi o eredi per rappresentazione, proprietà dello Stato e, quindi, la Pubblica Amministrazione, una volta allertata circa la situazione di evidente abbandono in cui versa il veicolo di proprietà di un defunto privo di eredi e del pericolo che tale veicolo potrebbe costituire per i terzi, deve necessariamente provvedere alla sua rimozione dalla pubblica via ed alla successiva, eventuale, rottamazione (se il veicolo fosse custodito in un sito privato, potrebbe essere trainato e lasciato sulla pubblica via dall’attuale proprietario del sito).

Peraltro, per poter rottamare il veicolo occorrono le targhe, la carta di circolazione, il Documento Unico di Circolazione e di Proprietà nonché i dati personali e la firma del soggetto che effettua la consegna del veicolo ed anche i dati di quest’ultimo, qualora, come nella fattispecie, si trattasse di un soggetto diverso dal proprietario.

Quindi non vi è dubbio che, ai sensi dell’articolo 476 del codice civile, il chiamato all’eredità compirebbe un atto (la richiesta di rottamazione del veicolo di proprietà del defunto) che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare l’eredità e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. In pratica, si tratterebbe di accettazione tacita dell’eredità, a cui non potrebbe seguire una rinuncia dal momento che, una volta erede, si è erede per sempre.

Il codice civile, al momento, non distingue fra atti di accettazione che procurano vantaggi, o meno, al chiamato.


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