Michelozzo Marra

La cosa si può impostare così: ammesso che il conduttore abbia chiesto la riduzione del canone di affitto pari a rid%, ciascuno dei due comproprietari che acconsentono si fa carico di una quota del canone pari al 33,3% – 1/2 rid%, il terzo che non è d’accordo continuerà a beccarsi il 33,3% dell’importo del canone, il conduttore pagherà il canone di affitto ridotto del rid% e tutti vissero felici e contenti.

Ad esempio: il conduttore paga un affitto di 30 mila euro l’anno e vorrebbe scendere a 20 mila l’anno. I due fratelli comproprietari che vogliono accordare lo sconto, si accontenteranno di ricavare ciascuno 5 mila euro/anno dall’affitto, mentre il fratello comproprietario non disposto a concedere lo sconto continuerà a percepire i suoi 10 mila euro/anno.

Quello che non si può fare è che i due comproprietari consenzienti decidano a maggioranza, imponendo la riduzione della quota di canone di affitto al terzo comproprietario dissenziente.

Oppure, possiamo ricorrere alla giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza 19929/2008) secondo la quale nelle vicende del rapporto di locazione, l’eventuale pluralità di locatori integra una parte unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione; sugli immobili oggetto di comunione concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile in comunione e che ciascun condomino è legittimato ad agire per il rilascio del detto immobile, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione per il quale deve presumersi sussistente il consenso già indicato, senza che sia necessaria la partecipazione degli altri e, quindi, l’integrazione del contraddittorio.


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