Paolo Rastelli

Per quel che riguarda il pignoramento dello stipendio la regola (articolo 545 del Codice di Procedura Civile) è che non si può prelevare, dallo stipendio al netto degli oneri fiscali e contributivi, nonché degli assegni familiari (che sono impignorabili), una quota superiore al 50% e che nel computo della quota dello stipendio trattenuto da confrontare con il 50% dello stipendio netto non rientra il prestito delega.

In altre parole, con una cessione del 20% dello stipendio in corso, un pignoramento del 20% dello stipendio in corso, per crediti non rimborsati a privati, banche o finanziarie, c’è ancora spazio per un prelievo del 10% destinato a soddisfare i crediti vantati nei confronti del debitore dalla Pubblica Amministrazione per cui agisce l’Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER, ex Equitalia).

Per quanto attiene il pignoramento del conto corrente la normativa vigente (articolo 545 del Codice di Procedura Civile) stabilisce che, qualora su di esso venga accreditato lo stipendio, il saldo attivo possa essere pignorato solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, vale a dire solo per l’importo eccedente 1.379,49 euro circa (qualora l’ultimo accredito superi tale cifra).

Tale importo può essere mensilmente prelevato dal debitore rivolgendosi ad un funzionario della filiale dell’Istituto di Credito (o di Poste Italiane) presso la quale è intrattenuto il rapporto di conto corrente. Tutto il resto, compreso titoli azionari, obbligazionari o quote di fondi di investimento detenuti attraverso un dossier nominativo associato al conto corrente, possono essere liquidati ed acquisiti dal creditore esattoriale procedente.

Su qualsiasi veicolo del debitore può essere iscritto fermo amministrativo.


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