Giuseppe Pennuto

La Corte costituzionale, con sentenza 113/2015, ha dichiarato illegittimo l’articolo 45, comma 6, del decreto legislativo 285/1992 nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento della violazione dei limiti di velocità dovessero esser sottoposte a verifiche periodiche, e ciò sia con riferimento a sistemi a funzionamento automatico e con tecniche di autodiagnosi, che con riguardo agli apparecchi utilizzati con la presenza di operatori.

La mancanza di tali verifiche, infatti, è suscettibile di pregiudicare l’affidabilità dei dispositivi elettronici di rilevamento della velocità a prescindere dalle modalità di impiego, poiché qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, e gli stessi sistemi di autodiagnosi sono soggetti a variazioni delle loro caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati, dovute ad invecchiamento delle componenti e ad eventi accidentali capaci di comprometterne l’affidabilità.

Diverso il discorso posto dal nostro lettore, secondo il quale per la validità della sanzione amministrativa derivata dalla violazione dei limiti di velocità rilevata con autovelox, bisognerebbe necessariamente includere nel verbale l’indicazione degli estremi del certificato di taratura periodica.

Secondo i giudici della Corte di cassazione (ordinanza 17574/2021) l’indicazione degli estremi del certificato di taratura periodica non è funzionale alla prova dell’effettuazione della taratura stessa: la certificazione, infatti, deve essere fornita, a richiesta dell’interessato, dalla Pubblica Amministrazione che ha disposto l’installazione dell’autovelox.


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