Annapaola Ferri

L’articolo 545 del codice di procedura civile dispone, tra l’altro, che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dallo stesso articolo del codice di procedura civile, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Da gennaio 2020, l’importo massimo dell’assegno sociale ammonta a 459,83 euro: la pensione potrà essere pignorata presso l’INPS, solo per l’importo eccedente 689,74 euro, dal momento che il minimo vitale è pari all’importo massimo dell’assegno sociale aumentato della metà. Il minimo vitale è, cioè, pari a 689,74 euro.

Quindi se la pensione (al netto delle trattenute fiscali ed al lordo di una eventuale rata finalizzata al rimborso di un prestito per cessione del quinto) è pari a mille euro, la quota prelevabile per pignoramento verso INPS, per debiti esattoriali ed ordinari, sarà data da 20/100 * (1000 – 689,74) euro = 62 euro circa.

Se vogliamo dirla in altro modo, al quinto della pensione di mille euro (200 euro) si toglie il quinto del minimo vitale (138 euro circa) e si arriva, così, ad un prelievo consentito di 62 euro circa.

Invece, le somme dovute a titolo di pensione, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate (pignoramento verso la banca) per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (1.379,49 euro). Questo vale, tuttavia, quando c’è un pignoramento del conto corrente dove viene accreditata la pensione.


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