Ludmilla Karadzic

Nella precedente discussione, alla quale è stato fatto riferimento, nulla veniva specificato circa il regime patrimoniale adottato dai coniugi e, in ogni caso, si accennava alla circostanza che né il debitore, né sua moglie, erano in gradi di esibire eventualmente, al giudice dell’esecuzione, fatture e scontrini attestanti la proprietà degli arredi di casa.

Partendo dal presupposto che non era possibile esibire fatture e scontrini, era stato consigliato un contratto di comodato sottoscritto da soggetto diverso dal coniuge del debitore semplicemente ragionando sugli effetti diretti che dalla mancata prova della proprietà potevano conseguire: nel caso di sottoscrizione da parte del coniuge senza poter dimostrare la proprietà esclusiva, almeno il 50% dei beni sarebbero stati automaticamente attribuiti in proprietà al debitore.

Il riferimento a soggetti terzi diversi da parenti e affini voleva essere solo l’esternazione di una opinione personale del redattore, in termini di opportunità, non suffragata da serie motivazioni giuridiche. … va esibito un contratto di comodato, registrato all’Agenzia delle entrate in data antecedente a quella di notifica dell’atto di pignoramento e sottoscritto dal debitore e da un terzo (sicuramente non coniuge del debitore, ma possibilmente nemmeno parente o affine).

A nostro giudizio, le precisazioni integrate in seconda battuta cambiano la sostanza del problema solo marginalmente. L’accesso al credito non è probante se il prestito ottenuto non era stato almeno finalizzato all’acquisto di un bene specifico. E, se sua moglie, pur in regime di separazione dei beni, non riesce a dimostrare la proprietà esclusiva di arredi e complementi da lei acquistati (anche dopo il matrimonio) con fatture o scontrini parlanti (descrizione del bene e codice fiscale dell’acquirente), allora si ricade in proprietà indivisa, con ancora il 50% in quota ad entrambi i coniugi e, ciò che più conta, con il 50% della massa pignorata ascrivibile alla proprietà del debitore.

E’ vero: anche il terzo comodante potrebbe, teoricamente, essere chiamato a dimostrare la proprietà dei beni concessi in comodato. Ma si era anche considerato che presso rigattieri e robivècchi è possibile trovare di tutto, a prezzi irrisori, e si riesce anche ad adattare, con buona volontà, la descrizione di quanto si acquista, soprattutto se non si ha neppure la pretesa di portar via la merce comprata.

Comunque, dal momento che adesso sappiamo che il regime patrimoniale adottato è quello di separazione dei beni, se sua moglie è in grado di esibire scontrini e fatture che attestino la proprietà esclusiva dei beni presenti in casa, nulla osta che il contratto di comodato lo si possa sottoscrivere anche con la coniuge, se si ritiene che lo scenario risulti, così, più verosimile.

Per finire, come avevamo premesso nell’altro post, la preferenza accordata al contratto di comodato è riconducibile esclusivamente alla circostanza che a tale tipo di atto si è fatto esplicito riferimento in una sentenza della Corte di cassazione, seppur risalente nel tempo. Tuttavia, se il legale a cui si è affidato ritiene possibile esibire un documento di natura diversa, noi non abbiamo nulla da eccepire o da aggiungere.


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