Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER, subentrata ad Equitalia), per la comunicazione al terzo, debitore del debitore, ha utilizzato una formula che è illegittima quando il debitore è un lavoratore dipendente e quando il terzo è il datore di lavoro del debitore.
L’esecuzione promossa dal debitore esecutato avrà successo pieno; infatti, le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, compreso il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), possono essere pignorate nella misura massima di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.
Lo stabilisce l’articolo 545 del codice di procedura civile. Per inciso, il datore di lavoro sarà obbligato a corrispondere ad Equitalia il 20% del TFR spettante al debitore, solo nel momento in cui il rapporto di lavoro sarà concluso (licenziamento, dimissioni volontarie, pensionamento). Naturalmente se, a qual momento, esisterà ancora un debito residuo.
Per ora, il datore di lavoro dovrà versare ad Equitalia, ogni mese, un decimo dello stipendio netto (per importi fino a 2500 euro), un settimo se la retribuzione è compresa fra 2500 e fino a 5000 euro, un quinto se lo stipendio supera i cinquemila euro.
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