Quietanza liberatoria e debito rinunciato – A cosa serve?

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Voi scrivete che il debitore dovrà tassativamente esigere l’integrazione del testo della quietanza liberatoria con esplicito riferimento all’articolo 1236 del codice civile, naturalmente prima di pagare, ma non capisco, visto che la quietanza liberatoria viene rilasciata una volta effettuato il pagamento.

Innanzitutto, è opportuno chiarire a chi ci legge, il contesto da cui muove l’osservazione della gentile lettrice: spesso, la quietanza liberatoria rilasciata dal creditore, dopo la conclusione di una transazione stragiudiziale a saldo stralcio di composizione del contenzioso, fa specifico riferimento all’importo parziale pattuito nell’accordo transattivo; sicchè al debitore che se ne serve per chiedere, decorso il termine triennale, la cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi in cui è stato iscritto, il più delle volte non resta altro che accettare, suo malgrado, la permanenza della segnalazione relativa alla propria posizione per l’importo residuo fra quanto effettivamente versato e quanto dovuto.

Ora, l’articolo 1236 del codice civile dispone che la dichiarazione del creditore di rimettere parte del debito estingue l’obbligazione. In pratica, il creditore può dichiarare di rinunciare alla differenza fra quanto versato dal debitore e quanto da quest’ultimo originariamente dovuto per effetto dell’accordo transattivo a saldo stralcio concluso fra le parti. Al debito residuale, in tale ipotesi, ci si riferisce come al “debito rinunciato”.

L’Arbitro Bancario Finanziario, con la decisione 6751/13, ha poi stabilito che è illegittima la segnalazione in Centrale Rischi riguardante la differenza tra importo dovuto e importo corrisposto dal debitore se il debito residuo è stato rinunciato per effetto di un accordo transattivo concluso con il creditore.

Sulla base di queste premesse, noi abbiamo spesso raccomandato al debitore, per evitare spiacevoli sorprese nel corso della successiva procedura di cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi, l’esigenza di far dichiarare esplicitamente, nella quietanza liberatoria, la rinuncia del creditore, ai sensi dell’art. 1236 del codice civile, alla differenza tra importo dovuto e importo corrisposto.

Tornando al quesito posto, occorre precisare che, naturalmente, il prima di pagare si riferisce al momento in cui si perfeziona un accordo preliminare di saldo stralcio fra creditore e debitore, nell’ipotesi che il rapporto fra i due soggetti sia improntato, come dovrebbe essere, a canoni di buona fede e di correttezza.

Potremmo aggiungere, per maggior tranquillità del creditore, che nella quietanza possa farsi riferimento ad una clausola salvo buon fine o sbf: peccato che, così operando, la forma della transazione non sarebbe propriamente salva, dal momento che emergerebbe una evidente incongruenza, in senso tecnico, tra la quietanza, come disciplinata dall’articolo 1199 del codice civile, intesa quale atto unilaterale contenente il riconoscimento di quanto è stato pagato e la clausola salvo buon fine. Ma tant’è: il pagato salvo buon fine è una prassi.

Ad ogni modo, se il debitore che deve effettuare il pagamento ed il creditore che deve rilasciare quietanza perfezionano l’accordo preliminare dialogando a distanza, via telefono o via e-mail; se fra debitore e creditore non c’è reciproca fiducia e non si ritiene, pertanto, di adottare nemmeno la soluzione di una clausola salvo buon fine, allora l’unica alternativa è quella di un un incontro de visu, anche per interposta persona, in cui effettuare lo scambio fra un assegno circolare e la liberatoria, previa verifica della rispondenza del contenuto del documento agli accordi intercorsi e dell’importo facciale del titolo di pagamento a quanto stabilito per chiudere il contenzioso.

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24 Agosto 2017 · Carla Benvenuto

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