Fino a qualche tempo fa, per risolvere il problema che l’affligge, bastava registrare presso l’Agenzia delle entrate territorialmente competente, un contratto di comodato nel quale il “padrone di casa” indicava gli arredi, gli elettrodomestici e quant’altro messo a disposizione del debitore residente presso la “propria” unità abitativa.
Con questo escamotage, una volta presentatosi l’ufficiale giudiziario e sottoposto alla sua attenzione il contratto registrato, la storia finiva lì, almeno per quel che riguarda il pignoramento presso la residenza del debitore.
Successivamente è intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione, con la quale, in pratica, è stato chiarito che l’ufficiale giudiziario deve comunque portare a termine il pignoramento, non essendo egli tenuto ad interpretare la valenza del contratto di comodato, e le sue conseguenze, nell’ambito della procedura di escussione. Incombenza che compete solo al giudice.
A questo punto, fermo restando che la registrazione del contratto di comodato va comunque effettuata, il padrone di casa, se vuole “liberare” i beni di sua proprietà pignorati dall’ufficiale giudiziario, deve presentare in tribunale, con il supporto di un legale, opposizione del terzo all’esecuzione del debitore.
In conclusione, tuttavia, va ricordato che, abitualmente, Equitalia avvia la procedura di pignoramento presso la residenza del debitore solo quando è sicura di poter rinvenire, nell’unità abitativa visitata dall’ufficiale giudiziario, beni di valore in proprietà al debitore, che siano, cioè, facilmente collocabili sul mercato tramite vendita all’asta.
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