Simone di Saintjust

Procediamo con ordine: innanzitutto va precisato che quasi mai Equitalia affida la riscossione coattiva alla procedura di pignoramento presso la residenza del debitore. Si tratta di una metodologia di esecuzione poco efficace ed incisiva: i mobili e gli elettrodomestici eventualmente pignorati o vengono lasciati in custodia al debitore (ed è tutto dire, come se il pignoramento non fosse stato effettuato) oppure vengono prelevati e trasportati in magazzino (il che comporta costi per la custodia che, è vero, toccherà pagare al debitore, ma che Equitalia deve inizialmente anticipare). Poi c’è la vendita all’asta, che, soprattutto per arredi usati e di fattura comune va quasi sempre deserta o si risolve nell’aggiudicazione per pochi spiccioli che non coprono neanche le spese di trasporto e custodia.

Equitalia si affida al pignoramento presso la casa del debitore solo quando si tratta di recuperare beni di antiquariato, opere d’autore, impianti hifi speciali, gioielli, porcellane, posate in oro o argento, collezioni pregiate (filatelia e Rolex per portare un esempio).

Tanto premesso, lei ci rivolge una domanda alla quale è d’obbligo rispondere.

Cosa fare per limitare i danni conseguenti ad un eventuale pignoramento presso la propria abitazione?

Fino a poco tempo fa bastava registrare all’Agenzia delle Entrate un contratto di comodato, riportando nel dettaglio i beni concessi al comodatario. A questo punto è necessaria una precisazione: la forma del contratto registrato in ADE è l’unica che potrà portare, come vedremo nel seguito, a qualche vantaggio. Non servono comunicazioni tramite plico aperto o qualsiasi altra tipologia destinate a Pinco o a Pallino. Il contratto si redige su moduli prestampati disponibili all’Agenzia delle entrate e contestualmente lo si registra.

Tornando a noi, come dicevamo, fino a poco tempo fa la registrazione di un contratto di comodato presso ADE era sufficiente a scongiurare le conseguenze di un eventuale pignoramento presso la residenza o il domicilio del debitore. Bastava esibire il documento all’Ufficiale giudiziario intervenuto sul posto per procedere al pignoramento e questi andava via senza colpo ferire.

Successivamente è intervenuta la Corte di cassazione, la quale ha precisato che non è compito dell’Ufficiale giudiziario decidere sulla validità del contratto di comodato gratuito. Egli, hanno deciso i giudici di legittimità, deve comunque procedere al pignoramento.

Dopo l’esecuzione, il terzo non debitore e proprietario dei beni pignorati concessi in comodato può proporre opposizione all’esecuzione innanzi al giudice competente e con il necessario supporto di un legale per procedere alla loro “liberazione”, attraverso l’esibizione delle fatture d’acquisto dei beni o di un contratto di comodato registrato all’Agenzia delle entrate. Questo è quanto.

Concludendo, un contratto di comodato regolarmente registrato presso l’Agenzia delle entrate conserva una certa utilità (quando il proprietario dei beni non dispone di tutte le fatture d’acquisto che ne attestino la proprietà) allo scopo di limitare i danni, anche se, come abbiamo visto, la sua valenza non si esplica nell’immediato. Il contratto andrebbe stipulato fra chi ne ha titolo (proprietario dell’appartamento, conduttore, ecc.) ed il debitore. Il possesso di alcune delle fatture d’acquisto è irrilevante. Se si hanno tutte le fatture non è necessario redigere un contratto di comodato.

Per finire, rispondendo alla seconda domanda, dal momento che le unità abitative sono accatastate in modo indipendente l’una dall’altra, sarebbe opportuno procedere ad una rettifica delle residenze degli attuali occupanti ricorrendo all’ulteriore indicazione di un numero di interno.


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