Andrea Ricciardi

Un eventuale fallimento, qualora escluda errori gestionali (in buona e/o malafede) e risulti imputabile esclusivamente all’alèa che accompagna qualsiasi attività imprenditoriale, libera il socio accomandante/amministratore da ogni coinvolgimento nei debiti societari, oltre la capienza della quota conferita.

Se poi si riesce a dimostrare una precisa responsabilità nel fallimento del socio accomandante in qualità di amministratore, beh questa è tutta un’altra storia, di cui nessuno può prevedere l’esito finale.

Il problema degli immobili di proprietà, qualora si voglia far fronte adesso a foschi scenari, peraltro non prevedibili, si risolve semplicemente alienandoli a terzi, a valore di mercato. Gli acquirenti per evitare sempre possibili azioni revocatorie promosse dai creditori del socio accomandante/amministratore che ha venduto i beni immobili, dovranno destinare gli stessi ad abitazione principale, ovvero ad abitazione in cui l’acquirente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente.


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