Patrizio Oliva

Partiamo dal presupposto, tanto per fissare le idee, che la trattenuta di 130 euro sia conseguente a pignoramento e che la pensione accreditata in banca (al netto delle trattenute) sia di 1320 euro. Ipotizziamo, in altre parole, che la pensione di 1770 euro sia al netto degli oneri fiscali, ma al lordo delle due trattenute per cessione del quinto e per pignoramento in corso.

Sappiamo, grazie all’articolo 545 del codice di procedura civile, che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro (minimo vitale).

Ora, il doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale è pari a 1007 euro circa. Quindi la parte pignorabile della pensione per le spese processuali dovute e non corrisposte alla controparte sarà data da (1770-1007) euro = 763 euro.

La trattenuta, in caso di eventuale pignoramento della pensione per il rimborso coattivo delle spese processuali non corrisposte alla controparte vittoriosa nel contenzioso giudiziario, sarà pari a 1/5 di 763 euro, cioè 152,6 euro.

Il credito del privato a cui sono dovute le spese processuali e quello già azionato dal creditore per l’importo speso e non rimborsato con le carte di credito sono entrambi ordinari e per crediti ordinari non è possibile trattenere contemporaneamente dalla pensione più del 20% della parte eccedente il minimo vitale.

Allora il privato pignorante la pensione del debitore per le spese processuali non corrisposte, dovrà accontentarsi di 152,6 – 130 euro = 22,6 euro fino a quando non sarà estinto il credito non rimborsato con l’utilizzo delle carte di credito. Da quel momento in poi INPS tratterrà dalla pensione del debitore 152,6 euro, fino all’estinzione del credito azionato per ottenere il rimborso delle spese processuali dovute alla controparte.


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