Gennaro Andele

Il 27 luglio 2022 ha debuttato il nuovo Registro delle opposizioni, strumento finalmente varato dal governo dopo un parto normativo lungo cinque anni: la speranza era che il registro avrebbe eliminato il telemarketing molesto.

E invece, nei giorni scorsi, la delusione: il 62,8 per cento di chi si è iscritto al registro riceve ancora queste telefonate; anche se per il 57,5 per cento l’assillo si è almeno ridotto (e per il restante 37,2 per cento è cessato del tutto).

L’efficacia di questo registro è collegata al suo funzionamento. È il primo strumento con cui possiamo rendere illecite tutte le telefonate pubblicitarie a qualsiasi numero di telefono (fisso o mobile).

Basta appunto iscriverlo al registro. Quest’azione ha anche l’effetto di eliminare ogni consenso “privacy” che l’utente aveva dato in precedenza a ricevere quel tipo di telefonate. Questo è il punto chiave.

Prima del 27 luglio non c’era un modo effettivo per togliere un consenso telemarketing, che potevamo avere dato anche per errore iscrivendoci a un negozio online, a una carta fedeltà o a un’offerta telefonica (ad esempio).

Di fatto quindi potevamo ricevere telefonate “lecite”, sulla base di quel consenso dato.

Non riuscivamo a toglierlo perché era impossibile scoprire quale soggetto contattare a tal scopo, dei tanti che ci chiamavano sotto falsa identità. E anche se avessimo trovato il canale giusto per negare il consenso, non avremmo avuto un modo chiaro e oggettivo per dimostrare di averlo fatto.

Questo modo ora c’è ed è il nuovo registro, appunto. Ci si iscrive telefonando, dal numero in questione, al numero verde 800 957 766 per le utenze fisse e allo 06 42986411 per i cellulari. Possibile anche farlo tramite sito web Registrodelleopposizioni.it (con un modulo che possiamo inviare via web o via mail).

Chi ci vuole chiamare per motivi pubblicitari è obbligato dalle norme a consultare il registro ogni 15 giorni ed escludere i numeri lì presenti.

Ci sono altrimenti sanzioni privacy fino a 20 milioni di euro o al 4 per cento del fatturato (per leggi in vigore dal 2018).

Sanzioni che non colpiscono solo i contact center. Il Garante della privacy negli anni scorsi ha sanzionato, per milioni di euro alla volta, tutti gli operatori telefonici, Enel e altri soggetti per non aver vigilato abbastanza sul rispetto delle norme da parte dei contact center con cui facevano affari. E adesso che con il nuovo registro la violazione delle norme diventa palese, le sanzioni dovrebbero essere implacabili.

E allora perché continuano a chiamarci?

I motivi sono numerosi.

Dal ministero competente (Sviluppo economico) fanno sapere che ci vorrà ancora del tempo per andare a regime: non tutti i soggetti del settore si sono accreditati al nuovo registro (anche se è obbligatorio). A fine agosto solo 500.

Ci sono però anche problemi che si risolveranno, nel caso, solo nel lungo periodo. Uno è quello della lunga filiera dei contact center, come riferiscono a L’Espresso dal ministero, da Assocontact e dall’Agcom (Autorità garante delle comunicazioni). Ne parla anche un’indagine del Garante della privacy del 2021.

Le aziende affidano la vendita a contact center noti, che però poi possono subappaltare parti della commessa ad aziende minori, che a loro volta possono fare lo stesso. Fino così ad arrivare a un sottobosco di contact center irregolari, a volte posti in un sottoscala; anche nei Paesi dell’Est o del Nord Africa.

Soggetti che operano in barba a ogni legge e anche difficili da individuare o sanzionare. A tal proposito, Tim riferisce che la chiamata citata all’inizio di quest’articolo (registrata da L’Espresso) non proviene da un contact center da lei autorizzato e che denuncerà l’accaduto alle autorità, come fatto in passato.

Una soluzione ipotizzata è un “codice di condotta”, su cui ora lavora Agcom (con tutte le aziende del settore e il Garante della privacy). Tutti gli operatori di questo mercato si impegneranno, in base al codice, a non fare affari con soggetti irregolari; con forti sanzioni Agcom in caso di sgarro (eventualmente da sommare a quelle privacy).

Il codice sarà attivo forse già da quest’autunno (riferiscono da Agcom). La sfida sarà fare aderire al codice di condotta l’intera rete vendita del settore, per non dare nemmeno un appiglio agli irregolari.

Un altro problema, riferiscono dal ministero, è che ormai molti call center usano software per falsificare il numero chiamante. Ecco perché ci capita di ricevere chiamate pubblicitarie da numeri fissi o mobili italiani che risultano poi non validi o inesistenti. Sono stati generati “virtualmente”, ad hoc, dal call center per sfuggire a controlli delle autorità e a sistemi di blocco pubblicitario attivi sui cellulari degli utenti. Di fatto è una violazione delle norme del settore.

Agcom lavora anche a questo problema. Lo fa dal 2019, ma sta accelerando nelle ultime settimane. Ad agosto ha chiesto (per la seconda volta) agli operatori di filtrare le chiamate con numeri fasulli. Per la prima volta ha ottenuto da loro l’impegno a farlo nei prossimi sei mesi a cominciare da quelle che sono più facilmente riconoscibili (quelle che arrivano dall’estero ma si presentano con numeri italiani).

Serviranno più tempo e investimenti degli operatori sulla rete per intercettare i tipi più sofisticati di chiamate illecite e gli sms dotati di identificativo fasullo.

Tecnica usata anche da truffatori che si spacciano per la nostra banca e mirano così a rubarci soldi o dati personali, per un danno stimato in 10 milioni di euro annuali agli italiani dal Crif, la Centrale rischi finanziari.

Già perché lo spam telefonico non è solo un fastidio. Cela in realtà illeciti di vario tipo (sulla privacy, il diritto del lavoro…); anche reati. «Gli irregolari stanno distruggendo il valore di questo mercato», inoltre, spiega Prosperetti. Perché spingono gli utenti a non rispondere più nemmeno ai call center regolari. Con un danno anche per l’occupazione nel settore, che dà lavoro a 185mila persone, spesso giovani, donne e al Sud (dati Ambrosetti-Assocontact del 2022).

L’Italia ha sottovalutato il problema, rimandando per anni le norme contro lo spam. Adesso c’è stata la svolta, ma il lavoro dovrà continuare nei prossimi mesi.


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