Ludmilla Karadzic

La prescrizione di un prestito è decennale e decorre dalla data di omesso pagamento della prima rata di rimborso (per ciascuna delle le rate successive la prescrizione interviene secondo una finestra mobile decennale).

Attenzione: le comunicazioni interruttive del termine di prescrizione valgono, per il creditore, dalla data di invio della raccomandata AR e non dalla data di ricevimento del debitore e sono valide anche se la notifica si perfeziona per compiuta giacenza presso l’ufficio postale o l’albo pretorio comunale (quindi a possibile insaputa del debitore).

Spesso, sottoscrivendo il contratto di prestito il debitore si obbliga a comunicare al creditore qualsiasi cambio di domicilio o residenza a cui inviare la eventuale comunicazione interruttiva del termine di prescrizione. Pertanto se il debitore modifica il proprio domicilio o la propria residenza indicata in sede contrattuale, la comunicazione interruttiva del termine di prescrizione è valida anche se il debitore risulta irreperibile al vecchio indirizzo.

Insomma, per essere sicuro dell’intervenuta prescrizione, il debitore deve chiedere all’attuale creditore (originario o cessionario) copia delle comunicazioni AR interruttive del termine di prescrizione trasmesse negli ultimi 23 anni alla controparte debitrice, dichiarandosi disponibile ad adempiere al rimborso di quanto dovuto a condizione che venga esibita la prova della non intervenuta prescrizione del diritto di procedere a riscossione coattiva. Diciamo che il creditore ha tutto l’interesse ad esibirla se ne è in possesso dal momento che questa gli garantisce il diritto a pretendere ancora il rimborso del credito residuo: così, infatti, il creditore può riuscire, stante la consapevolezza indotta nel debitore di una inutile e costosa azione giudiziale di opposizione a decreto ingiuntivo, a concludere un accordo transattivo a saldo stralcio e ad evitare pure una eventuale denuncia per estorsione da parte del debitore contattato: qualora, infatti, il credito preteso risultasse prescritto, chiederne il rimborso equivale, in tutto e per tutto, ad un’azione estortiva.

Infatti, si tratta di estorsione se, ad esempio, la pretesa è fondata su di un credito ormai prescritto, oppure quando l’iniziativa nei confronti del debitore viene assunta da un soggetto che non è in alcun modo titolare del diritto derivante dal contratto sottoscritto con il debitore (ad esempio quando il reo non è un socio della società che ha acquisito il credito).

Quelle appena sopra esposte sono le considerazioni di diritto svolte dai giudici della sezione penale della Corte di cassazione nella sentenza 27816/2019.


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