Paolo Rastelli

La normativa vigente per la notifica di atti via PEC è regolata dalla legge 53/1994 (Facoltà di notifiche di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali) che all’articolo 3 bis dispone che la notifica con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.

Ora, dai registri pubblici per le PEC (Ipa, Reginde e Inpec) l’unico indirizzo PEC registrato da Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER) risulta essere protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it. Pertanto se la notifica di una cartella esattoriale proviene da un indirizzo PEC diverso, tale notifica dovrebbe risultare viziata.

Bisogna tuttavia aggiungere, ad onor del vero, che l’articolo 26 comma 1 del DPR 602/1973 specifica che La notifica della cartella esattoriale può essere eseguita a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta.

Quindi, questa la tesi difensiva di AdER, la normativa richiederebbe che risultasse dall’indice nazionale degli indirizzi solo la PEC del destinatario e non pure quella del mittente.

Ora, il debitore può:

1) attendere gli atti conseguenti al mancato pagamento di una cartella esattoriale notificata via PEC da un indirizzo di Ader diverso da protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it, per opporsi all’esecuzione eccependo l’omessa notifica dell’atto presupposto (cioè della cartella esattoriale stessa);

2) oppure, procedendo per opposizione agli atti esecutivi invocando l’irregolarità formale del titolo esecutivo perché la cartella esattoriale è stata notificata da un indirizzo PEC diverso da protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it.

E’ necessaria, in ogni caso, qualsiasi sia la strategia prescelta, l’assistenza di un professionista abilitato a rappresentare il cliente innanzi alle Commissioni Tributarie.

Per evitare l’onere di pagamento delle onerose parcelle professionali nonché del Contributo Unificato dovuto al Ministero della Giustizia (oltre all’importo indicato in cartella in caso di esito negativo del ricorso), il debitore può fare un tentativo inoltrando istanza di riesame in autotutela (che, tuttavia, non sospende l’iter) ad Agenzia delle Entrate prima, della scadenza dei termini di impugnazione giudiziale previsti dalla normativa: qualora Ader non rispondesse nei termini, però, va presentato comunque un formale ricorso/reclamo. Da ricordare a tal proposito, che i termini per proporre ricorso giudiziale sono sospesi di diritto dal primo al 31 agosto di ogni anno.

Da aggiungere, infine, che, nonostante l’eco mediatica della questione, la vicenda non è ancora giuridicamente definita, potendo AdER ricorrere in Cassazione con esiti tutt’altro diversai da quelli al momento pubblicizzati dai mass media.


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