Genny Manfredi

Prima di presentare domanda finalizzata ad ottenere il Reddito di Cittadinanza (RdC), oppure – in corso di fruizione del beneficio – entro il 31 gennaio di ogni anno, il nucleo familiare interessato deve presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) per il calcolo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE).

In relazione a tutti i componenti del nucleo familiare di appartenenza, la DSU/ISEE contiene dati auto dichiarati da chi la sottoscrive, ed i dati estratti dall’anagrafe patrimoniale gestita dall’Agenzia delle Entrate.

In riferimento a questi ultimi, particolare rilevanza assumono, ai fini del RdC, il saldo o la giacenza media di conto corrente (o di carta di credito con IBAN) al 31 dicembre del secondo anno precedente a quello in cui viene presentata la DSU, che, spesso, e nella fattispecie in particolare, rappresenta l’unico indicatore della consistenza del patrimonio mobiliare del richiedente. In altre parole, gli accrediti su rapporti (conto corrente o carte di credito con IBAN) intestati al richiedente RdC giocano un ruolo esiziale per l’accoglimento della domanda di reddito di cittadinanza e per evitare, successivamente, la revoca del beneficio.

Ora, l’articolo 2 (beneficiari) comma 1, lettera b, numero 3, del decreto legge 4/2019 (disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza) stabilisce che requisito per accedere al RdC è, nel caso specifico di nucleo familiare composto da un solo componente non disabile, detenere un patrimonio mobiliare non superiore a seimila euro.

Dunque, nell’ipotesi che la domanda RdC venisse presentata nel corso del 2022, potrebbe costituire motivo di diniego del beneficio, un patrimonio mobiliare detenuto al 31 dicembre 2020 superiore a seimila euro, e potrebbe rappresentare motivo di revoca, in corso di fruizione del beneficio, un patrimonio mobiliare, superiore a seimila euro, detenuto al 31 dicembre di un qualsiasi anno successivo al 2020.

Il rispetto del requisito relativo al patrimonio mobiliare, come peraltro accennato nel quesito 1, potrebbe essere gestito, per il 2022 e per gli anni successivi, con il trasferimento immediato degli importi accreditati sul conto corrente (o sulla carta di credito con IBAN) del richiedente RdC, verso conti correnti intestati a soggetti terzi fiduciari.

Ammesso, dunque, che i requisiti relativi al patrimonio mobiliare risultassero rispettati per il 2020 ed il 2021, il coniuge separato che percepisce assegno di mantenimento, che appartiene ad un nucleo familiare formato esclusivamente da sé stesso, e che risiede in locazione, potrà vedersi accolta dall’INPS la domanda finalizzata a fruire del reddito di cittadinanza.

Ammesso, anche, che i requisiti relativi al patrimonio mobiliare risultassero rispettati per il 2022 e per gli anni successivi, il coniuge separato che percepisce assegno di mantenimento e che risiede da solo in locazione, potrà vedersi non sottoposto a revoca dall’INPS il reddito di cittadinanza che gli fosse stato accordato nel 2022.

Considerato che l’importo massimo RdC percepibile dal nucleo familiare formato da una sola persona che vive in locazione con contratto registrato presso Agenzia delle Entrate è pari a 9360 euro, nel 2022 e nel 2023 , il coniuge separato che percepisce assegno di mantenimento, che appartiene ad un nucleo familiare che non ha altri componenti e che è titolare di un contratto di locazione con canone superiore o uguale a 280 euro/mese, percepirà mensilmente, a titolo di RdC, un importo pari a 780 euro mese.

Infatti, il decreto legge 4/2019 prevede l’obbligo di una comunicazione integrativa del modello di domanda di Reddito di Cittadinanza, per le attività lavorative subordinate, autonome e d’impresa avviate al momento, o appena dopo, la presentazione della domanda, ma non rilevate nell’ultimo ISEE. Di tali attività è necessario tenere conto ai fini della determinazione dell’importo della prestazione. Nulla è previsto se, invece, dopo la domanda di reddito di cittadinanza, il richiedente dovesse cominciare a percepire un assegno di mantenimento: questo per rispondere, in qualche modo, al quesito numero 2, nella parte in cui giustamente si intuisce espressamente che l’assegno di mantenimento andrebbe equiparato ai fini RdC, ad un reddito da lavoro. Evidentemente questo aspetto è sfuggito al legislatore.

Nel 2024 il RdC subirà una decurtazione, ferme restando tutte le altre condizioni (residenza in unità abitativa locata e numero di componenti del nucleo familiare): se indichiamo con RAM la somma percepita nel corso del 2022 a titolo di assegno di mantenimento, l’importo mensile del RdC sarà dato da (9360 – RAM)/12.

Nel 2025 e negli anni successivi l’importo RDC scenderà a (9360 – 7800)/12 = 130 euro mese, dal momento che il RAM percepito nel secondo anno precedente sarà uguale a 7800 euro.

Da considerare, infine, che, secondo recente orientamento di giurisprudenza, il coniuge separato obbligato ad erogare l’assegno di mantenimento potrebbe presentare al giudice della separazione la richiesta di adeguamento dell’assegno di mantenimento stesso in considerazione del reddito di cittadinanza che, eventualmente, risultasse percepito dal coniuge mantenuto nel corso degli anni.


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