Gennaro Andele

Sono sempre di più le occasioni di truffa per i cyber criminali: la consapevolezza di questi reati è l’unica arma che abbiamo a disposizione per difenderci, soprattutto a San Valentino, quando più utenti possono essere tentati di cercare un potenziale partner.

Secondo un report di Kaspersky, che ha coinvolto 18mila persone in 27 nazioni (tra cui l’Italia), uno dei reati che più si intensificano a ridosso del 14 febbraio è lo scamming, ovvero la classica mail (più o meno romantica) in cui il truffatore finge di essere una donna alla ricerca di un partner.

Il testo contiene un link diretto a una pagina di phishing che imita un sito web di incontri e chiede alla vittima di completare un form indicando le proprie preferenze. Al termine, l’utente viene invitato a inserire i propri dati bancari. Inutile dire che alla fine la vittima perde dati e soldi.

Secondo Kaspersky il 65% degli utilizzatori di app di dating ha paura di subire scamming, mentre il 15% è già stato “scammato” (cioè ne è stato vittima).

Ma come fanno i truffatori a risalire agli indirizzi email degli iscritti delle app di incontri?

È molto più semplice di quanto si pensi, e ad essere visibili sono anche dati davvero sensibili come nome e cognome, indirizzi di residenza e di lavoro, numeri di telefono e situazione finanziaria, per citarne alcuni.

Anche le credenziali di login possono essere rubate, soprattutto tramite quelle app che permettono di accedere all’account inserendo la password in chiaro.

Il reato di doxing (o doxxing), che ha colpito il 14% degli user italiani (e il 16% a livello mondiale), consiste proprio nel cercare e divulgare online queste informazioni, senza il consenso della vittima, per scopi malevoli.

Molte app chiedono questi dati ai loro utenti al momento della registrazione, facilitando l’attività dei malintenzionati. Secondo Kaspersky più della metà degli intervistati (il 53%, concentrati soprattutto nella fascia 18-24 anni) condivide il proprio vero nome.

E uno su quattro mette il link ai propri profili social, una vera e propria miniera di informazioni, foto e video; l’account Instagram è il più condiviso (nel 76% dei casi), seguito da Facebook (58%).

Kaspersky sottolinea, però, che “le cinque app di dating più popolari hanno migliorato i propri protocolli di crittografia e hanno iniziato a prestare maggiore attenzione alla privacy degli utenti.

Per mantenere i dati al sicuro, queste app hanno introdotto versioni a pagamento che consentono agli utenti – tra le altre cose – di specificare manualmente la propria posizione o di offuscare le foto”.

Scorrendo tra i vari tipi di truffa, si scopre che più della metà degli intervistati (51%) è stato vittima di catfishing (ha cioè chattato con qualcuno che si nascondeva dietro una falsa identità), il 21% ha ricevuto un link contenente un virus, il 29% ha subito un furto d’identità, quasi il 40% ha inviato soldi (per vari motivi) e il 15% è stato ricattato. Il 12% degli iscritti ha visto pubblicata una conversazione privata, mentre all’8% sono state rubate foto intime.

E non dimentichiamo che le piattaforme di dating possono trasformarsi anche nel veicolo ideale per reati che già esistono offline.

Primo fra tutti lo stalking, un reato che teme il 67% degli user italiani e che, nel mondo, tanti iscritti hanno subito anche da persone con cui non avevano fatto match: il 17% online e il 9% anche nella vita reale.

Ma ammettiamolo: a volte anche senza arrivare a commettere illeciti, anche noi abbiamo svolto attività apparentemente “innocenti”, spinti dalla curiosità di sapere qualcosa in più sui nostri match: ebbene, siamo in buona compagnia.

Secondo un sondaggio condotto da NortonLifeLock in collaborazione con The Harris Poll su mille italiani maggiorenni, un intervistato su tre (il 33%) ha visitato i profili social di un potenziale partner; il 24% l’ha cercato su un motore di ricerca, il 15% su piattaforme professionali come LinkedIn, e il 12% ha addirittura spiato amici e famigliari del match sui social. E il 3% si è spinto ancora oltre: ha pagato per effettuare controlli sul loro passato.

A livello mondiale, la ricerca ha evidenziato che sono soprattutto gli adulti della Generazione Z, esperti di tecnologia, a investigare online sui loro match: il 65% di questa fascia d’età hanno ammesso di controllare il proprio partner attuale o precedente (l’ha fatto il 57% dei millennials; il 29% della generazione X; e solo l’11% dei baby boomer).


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