L’articolo 737 del codice civile stabilisce che i figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente: è questa quella che viene definita come collazione.
In pratica, la collazione prevede che i figli, i loro discendenti e il coniuge che abbiano accettato l’eredità debbano restituire alla massa ereditaria tutti i beni che sono stati loro donati dal defunto quando questi era in vita, al fine che siano divisi tra tutti i coeredi.
Più precisamente, l’obbligo della collazione sorge automaticamente e i beni donati in vita dal de cuius devono essere conferiti indipendentemente da una espressa richiesta, essendo sufficiente, a tal fine, la proposizione della domanda di accertamento della lesione della quota di legittima e di riduzione e la menzione in essa dell’esistenza di determinati beni facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire (Corte di cassazione, sentenza 8510/2018).
La giurisprudenza riconduce alla donazione diretta l’elargizione di somme di danaro di importo non modico mediante assegni circolari o bonifici bancari: va qualificata, quindi, come donazione diretta, con le implicazioni che ciò può comportare in sede di successione, ad esempio, anche il trasferimento di denaro tramite bonifico bancario dal conto corrente del disponente su quello di un terzo non legittimario per consentire a quest’ultimo l’acquisto di una casa con i soldi accreditati. Anche in questo caso siamo di fronte, infatti, ad una donazione diretta ad esecuzione indiretta e per la validità della donazione in sede di successione, è necessario l’atto pubblico: il beneficiario rischia, altrimenti, di dover restituire l’importo che gli è stato accreditato, anche se non eccede la quota disponibile al de cuius e, quindi, non lede la quota riservata ai suoi legittimari.
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