Simonetta Folliero

Teoricamente un conto corrente aperto presso un istituto di credito estero che non esercita in Italia è sempre possibile e risulta abbastanza agevole se l’istituto bancario opera in UE ed il debito è di tipo esattoriale, ovvero vantato dalla Pubblica Amministrazione per cui agisce Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER).

Infatti, in ambito UE esistono accordi di mutua assistenza fra le Agenzie delle Entrate dei vari paesi aderenti all’Unione: in più, si può ottenere il pignoramento del conto corrente con un titolo esecutivo emesso da un Tribunale italiano, munito di formula esecutiva europea. Il titolo esecutivo europeo può essere utilizzato anche quando il creditore è italiano ordinario (non esattoriale) ed il debitore ha aperto un conto corrente con una banca operante in Europa, ma non in Italia.

Più complicata è la faccenda quando il conto corrente è stato aperto dal debitore presso un istituto di credito che opera in un paese extracomunitario: in questa ipotesi, infatti, per poter pignorare il conto corrente estero, il creditore (esattoriale o ordinario) deve necessariamente avvalersi di un pool di avvocati operanti nel paese extracomunitario con aggravio di spese e rilevante aumento della probabilità di esperire un’azione legale diseconomica.

Quindi, l’eventuale pignoramento all’estero, in un paese extracomunitario, del conto corrente del debitore è funzione dell’importo del debito e della probabilità di poter espropriare un saldo di conto corrente che soddisfi il credito azionato. Tuttavia, anche per valutare questo aspetto e non operare al buio, con esiti infruttuosi, è sempre necessaria una accurata e costosa indagine patrimoniale del debitore, commissionata, naturalmente, a spese del creditore.


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