Marzia Ciunfrini

Per i lettori che ci seguono, specifichiamo che l’enfiteuta è il soggetto titolare del diritto reale di godimento denominato enfiteusi, che consiste nella facoltà di godere di un terreno altrui con l’obbligo di migliorarlo e di pagare al proprietario (il concedente) un canone periodico (solitamente annuale).

Il diritto di enfiteusi detenuto dall’enfiteuta defunto si trasmette per successione nell’ambito della durata temporale stabilita nell’atto di costituzione dell’enfiteusi: e vanno altresì pagate le imposte di successione.

Il valore del diritto di enfiteusi trasmesso agli eredi è pari a venti volte il canone annuo o, se maggiore, alla differenza tra il valore della piena proprietà e la somma dovuta per l’affrancazione (così come stabilita nell’atto di costituzione).

Rinunciando all’eredità, pertanto, si rinuncia anche al diritto di enfiteusi che si trametterebbe all’erede per il tempo residuale alla durata dell’enfiteusi stabilita in occasione della costituzione del diritto.

Anche l’immobile costruito dall’enfiteuta sul fondo sul quale è stato costituito a suo favore il diritto di enfiteusi è trasmissibile per successione: tuttavia il bene immobile costruito dell’enfiteuta su un fondo concesso in enfiteusi non può essere liberamente alienato (anche dall’erede enfiteuta) se non dopo aver esercitato il diritto di affrancazione di cui all’articolo 971 del codice civile, in base al quale l’enfiteuta può acquistare la proprietà del fondo (su cui è stato costruito l’immobile) in virtù di una mera dichiarazione unilaterale di volontà, accompagnata dal pagamento di una somma in denaro (il cui importo dovrebbe essere predeterminato dalle clausole contrattuali).

Dunque, per poter continuare ad abitare a pieno titolo nell’immobile costruito sul fondo detenuto dall’enfiteuta deceduto, bisogna accettare l’eredità: il fratello che occupa l’appartamento e che continua a risiedervi, accetta tacitamente e non può rinunciarvi a favore dei figli. Oppure, entro tre mesi dal decesso del de cuius, il fratello che occupa l’appartamento che fu costruito dall’enfiteuta può redigere l’inventario ed accettare l’eredità con beneficio di inventario. Naturalmente, se gli altri fratelli rinunciano, il fratello che occupa l’appartamento costruito dal genitore sul fondo che gli fu concesso in enfiteusi, si farà carico del diritto di enfiteusi sull’intero fondo e della proprietà di tutti gli immobili esistenti sul fondo e che furono costruiti dal de cuius.

L’erede accettante (espressamente, tacitamente o con beneficio di inventario) sarà obbligato, come già accennato a corrispondere in quota (al 100% se è l’unico erede) l’imposta di successione per il diritto di enfiteusi, il cui imponibile è pari a venti volte il canone annuo o, se maggiore, pari alla differenza tra il valore della piena proprietà e la somma dovuta per l’affrancazione (così come stabilita nell’atto di costituzione). Per gli immobili ereditati, l’imposta di successione sarà calcolata su un imponibile pari al valore catastale dei fabbricati (detratta, naturalmente, la somma dovuta al concedente per l’affrancazione).

Peraltro, per inciso, una eventuale rinuncia del chiamato all’eredità, a favore dei propri figli (non è il caso del chiamato che già occupa l’appartamento costruito dal de cuius sul fondo concessogli in enfiteusi, che è un erede accettante tacitamente se non predispone l’inventario entro tre mesi dal decesso del genitore) potrebbe essere impugnata dai creditori del defunto che potrebbero chiedere al giudice l’applicazione dell’articolo 524 del codice civile, in base al quale, se taluno rinuncia a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.


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