Giorgio Martini

Se la donazione non fosse stata effettuata nel 2013 e se, ferma l’attuale situazione familiare, il proprietario dell’immobile avesse voluto redigere testamento, avrebbe potuto lasciare 1/3 dell’immobile alla figlia e 1/3 al coniuge superstite come quote di legittima, mentre 1/3 dell’immobile sarebbe stato disponibile per essere destinato a chiunque, in base alla esclusiva volontà del testatore. Quindi, interpretando la donazione effettuata in vita come volontà del de cuius di favorire la figlia, nei limiti di quanto è consentito dalla legge, il testatore avrebbe potuto lasciare 2/3 dell’immobile alla figlia, mentre 1/3 sarebbe toccato per legge (quota riservata o di legittima) al coniuge superstite.

Ne discende che, in caso di decesso del marito, la moglie superstite, già nella fase di collazione, potrebbe rivendicare 1/3 dell’immobile a suo tempo donato dal padre alla propria figlia.


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