Ornella De Bellis

Il comma 1 dell’articolo 9 bis della legge 286/90 prevede che nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto il termine di 60 giorni senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nella Centrale di Allarme Interbancaria (CAI) e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni. Con la comunicazione il traente e’ invitato a restituire, alla scadenza del medesimo termine e sempre che non sia effettuato il pagamento, tutti i moduli di assegno in suo possesso alle banche e agli uffici postali che li hanno rilasciati.

Qualora un assegno risultasse privo di copertura, il traente può evitare l’iscrizione in CAI, il successivo semestre di revoca di sistema (divieto di emettere ulteriori assegni) e la sanzione amministrativa irrogata dal Prefetto (il quale, può anche dilatare il periodo di applicazione della revoca di sistema al correntista recidivo) attraverso la procedura di pagamento tardivo.

Tuttavia, non basta pagare il beneficiario dell’assegno scoperto con bonifico o in contanti: bisogna corrispondere al beneficiario il 10% (dieci per cento) dell’ammontare dell’assegno a titolo di penale nonché gli interessi legali calcolati, in base all’anno civile (365 giorni), sull’importo dell’assegno per il periodo intercorrente tra la data di presentazione del titolo allo sportello e la data di pagamento dell’importo facciale; alla banca vanno rimborsate le eventuali spese di protesto o della constatazione equivalente.

Pertanto, tutto ruota intorno all’accertamento dell’avvenuta notifica (anche per compiuta giacenza e quindi all’insaputa del destinatario) della comunicazione di preavviso da parte di Poste Italiane in occasione del primo assegno rimasto impagato. Qualora fosse accertata l’omessa notifica del preavviso, questa avrebbe causato anche le procedure di revoca relative all’emissione dei successivi due assegni privi di autorizzazione (cioè emessi nel periodo di revoca di sistema), con le sanzioni amministrative che il Prefetto irrogherà a carico del traente, per di più recidivo.

Per capire se la notifica c’è stata e se si è perfezionata per compiuta giacenza – onde, all’esito negativo, poi eventualmente procedere in giudizio contro Poste Italiane per ottenere un congruo risarcimento danni, considerando che difficilmente, in tempi brevi, si potrà rimediare agli effetti delle iscrizioni in CAI con la revoca di sistema prorogata per recidiva ed alle sanzioni amministrative del Prefetto – si potrebbe pensare a presentare ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario. E’ dapprima necessario inviare un reclamo scritto, con raccomandata AR o tramite PEC, alla banca sulla questione: decorsi 30 giorni dalla data in cui la comunicazione è stata ricevuta dalla controparte, in assenza di risposta, o a fronte di risposta non soddisfacente, si può presentare, online, una breve memoria (il ricorso) all’ABF. Non è necessario supporto tecnico (avvocato), il costo si aggira intorno ai 20 euro (che saranno restituiti al ricorrente in caso di accoglimento del ricorso, la decisione (la sentenza) si ottiene in un massimo di 180 giorni. Qui troverà tutte le informazioni necessarie.

Una volta sicuro che non ci sia stata comunicazione di preavviso, potrà trovarsi un avvocato e citare in giudizio Poste Italiane per ottenere il giusto risarcimento danni.


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