Giovanni Napoletano

HP nel mirino dei consumatori: infatti, Euroconsumers chiede a Hewlett Packard (HP) di risarcire i danni ai consumatori in Italia, Belgio, Spagna, Portogallo e Brasile per l’incompatibilità delle loro stampanti con cartucce prodotte da terze parti.

I consumatori chiedono inoltre all’azienda di sospendere immediatamente questa pratica fuorviante, dannosa e anticoncorrenziale e un risarcimento tra i 100 e i 150 euro a ogni utente vittima di questa condotta.

Se HP non dovesse rispondere in maniera soddisfacente alle richieste, Eurconsumers si è detta disponibile a intraprendere un class action per ottenere un risarcimento adeguato per i consumatori.

L’organizzazione spiega che, dal 2016, HP aveva pubblicizzato le sue stampanti come compatibili con cartucce di terze parti, ma “in pratica non lo erano”.

HP promuove da anni la compatibilità delle sue stampanti con altre cartucce, ma dopo un aggiornamento del firmware gli utenti hanno ricevuto un messaggio di errore durante l’installazione, che li ha costretti a cambiare le cartucce con quelle più costose o addirittura a cambiare stampante.

Si tratta di una pratica anticoncorrenziale e ingannevole, che deve cessare e per la quale deve risarcire le persone colpite.

Questa pratica HP legata all’obsolescenza programmata non è solo illegale, è anche irresponsabile.

Causa un danno finanziario ai consumatori e aumenta intenzionalmente il volume dei rifiuti quando dovremmo impegnarci per ridurlo.

Inoltre, è del tutto inaccettabile che HP assuma il controllo dei dispositivi dei consumatori a proprio vantaggio, leggendo le informazioni sulla stampante e inviando aggiornamenti senza che gli utenti lo sappiano.

Utenti dovrebbero avere il pieno controllo dei propri dispositivi.

Reclami simili sono stati recentemente risolti negli Stati Uniti, accettando di risarcire ogni utente con un importo compreso tra 100 e 150 dollari.

Sempre il 17 novembre dello scorso anno, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana, ha concluso che HP era responsabile degli stessi addebiti e ha ricevuto una sanzione di 10 milioni di euro.

La legge italiana che ha consentito tale decisione deriva da una direttiva europea, il che significa che simili addebiti possono essere rivendicati in altri paesi d’Europa.


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